mercoledì 25 dicembre 2019




“L’Argentino mi guardò in faccia, e fu l’ultima volta che lo fece. 
Sorrise, e disse: “Non cambiate mai...”. 
Poi si incamminò per la carretera di Arriba, e io non distolsi lo sguardo nemmeno quando non fu altro che un piccolo punto, indistinguibile, che camminava immerso nella calura di un giorno di agosto inoltrato, riverberato dal sentiero liquido che lo specchiava; e chissà se era ancora lui, o un miraggio”.


https://www.ilfoglio.it/una-fogliata-di-libri/2018/11/14/news/l-argentino-ivano-porpora-una-fogliata-di-libri-224371/

venerdì 20 dicembre 2019




I sensibilissimi albori chiaroscurali dell’occhio fotografico della Fanciulli imprimono la marcatura dei segni fenomenici del silenzio, del linguaggio dell’anima. L’artista coglie la dimensione visibile, che a meraviglia contiene l’invisibile, la traccia che all’invisibile rinvia, in presentificazione dell’assenza, della sostanza dei corpi segnati. La figura è sempre nome della divinità: la primitiva relazione segnica all’oggetto significato nasce nell’esperienza del sacro, soglia degli abiti linguistici. Sacrificare è fare il sacro, è segno in relazione memoriale all’oggetto del divino. Il santo è simbolo mediatore, che porta i segni e ritualmente rammemora il divino, per la partecipazione della comunità.

Presidente Fondatrice,
Prof.ssa Fulvia Minetti




http://www.accademiapoesiarte.it/?p=1873

domenica 17 novembre 2019

LA PAROLA A BRANDELLI

di Tìndara Rasi
Copyright © Tindara Rasi

"Il senso della Trinità è che Dio è pensiero.
Ogni pensiero ha un soggetto e un oggetto.
Il Padre pensa la sua parola.
Questo pensiero è amore.
Questa parola è ordine.
Quest’ordine è immagine di questo pensiero, di questo amore."
Simone Weil

"Dovunque troverò i santissimi nomi e le sue parole scritte in luoghi indecorosi, voglio raccoglierli e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso."
"Testamento" di San Francesco, autunno 1226

Il suo amore per il Signore lo portava al massimo rispetto del semplice nome di Dio. Ovunque trovava qualche scritto, di cose divine o umane, per strada, in casa o sul pavimento, lo raccoglieva con grande rispetto, riponendolo in un luogo sacro o almeno decoroso, nel timore che vi si trovasse il nome del Signore, o qualcosa che lo riguardasse. Avendogli una volta un confratello domandato perchè raccogliesse con tanta premura perfino gli scritti dei pagani o quelli che certamente non contenevano il nome di Dio, rispose: "Figlio mio, perchè tutte le lettere possono comporre quel nome santissimo; d'altronde, ogni bene che si trova negli uomini, pagani o no, va riferito a Dio, fonte di qualsiasi bene!" Cosa ancor più sorprendente, quando faceva scrivere messaggi di saluto o di esortazione, non permetteva che si cancellasse alcuna parola o sillaba, anche se superflua o errata. Era talmente profonda questa sua venerazione per il nome di Dio, che aveva raccomandato più volte per iscritto ai suoi frati di fare altrettanto.
"San Francesco fratello di tutto e di tutti. Profilo umano e spirituale", di Francesco Gioia, Ed. Frate Indovino, pg. 202
Cfr. 2Cel 82; FF 114; FF 209a; FF 225; FF 242; FF 462-463; FF 1185.


Abbiamo perso il Nome che unisce.
Il filosofo-teologo Abramo Abulafia, nato a Saragozza nel 1240 e morto nell'isola di Comino, nel 1291, visse per lungo tempo anche in Sicilia, a Messina. La cultura siciliana, vive di questi miscugli arabi, ebraici, catalani, gallici, teutonici. Abulafia parlava di nomi e di parole teologiche, in chiave mistica, cabalistica. Studioso di Qabbalah, riteneva le parole (composte da lettere, ognuna avente un valore numerico preciso, come ghematria vuole) estensioni del sacro, per l'esattezza del Nome sacro. Le lettere alfabetiche furono dunque oggetto di alta meditazione, per lui: cercandole in ruote da far girare vorticosamente a livello mentale, si può giungere, in un afflato mistico dato a pochi eletti, alla Verità primordiale che le compone, cioè alla compenetrazione mistagogica dell'Unum da cui promanano. La mente se ne appropria, liberandosi sigillo dopo sigillo, nodo dopo nodo psichico, con gradualità propedeutica che non ci faccia impazzire. Solo pochi possono riuscirvi, e solo dietro grande allenamento. Mistica mentale medievale ebraica, oggi impensabile.
Secondo Abulafia, ogni linguaggio, al pari di note, diventa melodia, quando i suoni dei nomi, delle lettere singole, si armonizzano tra loro. Nella lingua sacra originaria, di tutto ciò si teneva conto, e non esisteva nome proprio comune che non fosse pensato, calcolato, rielaborato dall'originale, dal suono base. "Otiyyot", cioè "lettere", al plurale, significa "ciò che viene". Ma non dall'uomo; da Dio. Quando a decidere subentrò l'uomo, riguardo ogni nome e ogni parola nacque solo confusione babelica, producendo la demolizione della lingua sacra che, sempre più, perse il suo splendore musicale iniziale. Il linguaggio simbolico personale, si è da allora sempre più inasprito, rendendo la "parola" calligrafica di uno, diversa dall'altro, sia nel simbolo scritturale, ideogrammatico; sia nel suono, per cadenze e accenti derivati dalla propria origine domiciliare negli Stati del mondo; sia nel significato specifico con il quale ognuno la intende e con il quale la intesse. Io parlo, e tu cosa senti? Tu parli, e io cosa recepisco? Non esiste più bellezza originata dall'originante, solo parole inefficaci derivate da altrettante parole che hanno perso nel cammino l'essenza sacra iniziale.
Tocca al mistico, lavorando su ogni singola lettera alfabetica, ritrovare la lingua perduta, procedendo dal concreto individuale, all'astratto che è "solo di Dio" comprensibile, e non dell'umano. È questo il lavoro anche dei traduttori biblici storici; è questo l'impegno dei mistici ebraici e dei cabalisti. Da mille frantumi, ricreare l'unicità; dai frammenti, ricostruire l'autenticità. Gira la ruota, e cerca l'essenza sacra. Ogni parola che è già stata generata, e ogni altra parola che, nella trance mistica, raggiunta tra scrittura ipnotica e respiro, si formerà per "permutazione", per rotazione, per "combinazione delle altre", come diceva il mistico Abulafia, è una parola "possibile" solo in quanto portatrice in frammento, del Nome unico. Impronunciabile, incomprensibile, ma "possibile", Sua. C'era una bellissima stoffa di seta colorata, all'origine, ma fu strappata in brandelli. Perdere la possibilità di capire il linguaggio divino, di capire le singole lettere ebraiche, comprensive di suoni corretti, di armonie di numeri, di note, è stato un lento degenerare verso le realtà contingenti, smarrendo quelle trascendenti. Non esiste una parola ultima, condensativa, non ancora. Ma esiste una parola prima, generativa. A quella, è necessario ritornare.
Molti Santi, molti cristiani dei primi secoli, hanno provato a rintracciare la "potenza" della parola, cercandola senza intenti di comprensione concreta, solo come essenza, come suono, come musicalità ricca di grazia che, udita, ci avvolga nell'aura divina. Sant'Agostino praticava le sortes sanctorum, come oracoli evangelici, sebbene con le dovute cautele, aprendo a caso la Bibbia. Lo stesso faceva San Francesco: praticando la "bibliomanzia", estrasse dalla Bibbia tre frasi che divennero la sua Regola. Anche molti cristiani contemporanei, continuano a ricadere involontariamente in questi riti "sticomantici", sebbene aboliti: i frasari biblici consultati per decorare i rametti di olivo in Quaresima; i versetti estirpati a caso per il giorno della cresima dei bambini, da inserire in cartigli come i Baci Perugina....
Perchè cerchiamo le Sue Parole? Perchè ne siamo così assetati, e le trattiamo così male?
Perchè non sappiamo più vederne la Bellezza originale, quel suono carnale che ci avvolge e che ci trasfonde. Una lettera alfabetica, una parola... due... tre. Suoni "incarnati", li concepiva Abulafia. Note, letture pentagrammatiche, che esprimono l'ineffabile e l'inafferrabile. A volte non è necessaria la traduzione fedele dei segni, la traslitterazione dei simboli, la registrazione dei suoni vocalici. La lingua di Dio non è la nostra e non possiamo certo appropriarcene con le nostre facoltà umane o fonatorie. È necessario l'ascolto, l'esserci. Non è necessario capire il senso di chi ci parla. È necessario stare nelle frequenze hertz. Captare quel ronzio di ape in sottofondo, e anche meno, un ultra-suono immateriale. Guardare negli occhi chi ci ama, e ascoltare con il cuore, senza capire nulla, nulla!, di ciò che dice, ma vivendo lì, in una piccola eternità istantanea, avvolti di Amore infinito. Questo è il significato, e non quello dicibile e ri-dicibile. Non si può raccontare appieno la Parola originaria, non più; abbiamo rotto il Nome, lo abbiamo dissacrato e sbrindellato in rivoli infiniti di non-sense. Il siculo-spagnolo Abulafia, questo lo sapeva. Gli ebrei lo avevano capito. Ci sono nomi e nomi, parole e parole. Sigle, acronimi, semantiche differenziate. Abissi e incomprensioni. Mille parole, e abissi. Mille parole, e incomprensioni.
Ma ne basta una, di parola, per restituirci al mondo. Ne basta una soltanto, che è ancora capace di raccapezzare il Tutto in un Intatto divinamente "muto". Oltre le vocali masoretiche, più in là: esattamente Qui. Ogni lettera che ci appartiene, ricompone l'Unità che ci contiene. Chiama a questo, il Nome; e ci chiama esattamente per nome.

Copyright © Tindara Rasi



martedì 3 settembre 2019




PROGETTO MATEMATICA INFANZIA

DIAGRAMMI A COLONNE

- SCUOLA INFANZIA -

di Tìndara Rasi
Copyright © Tindara Rasi



Descrizione:

Si tratta di un percorso integrato e correlato che utilizza il calendario delle routine mattutine, per maturare un primo approccio con numeri, conteggi e rappresentazioni, tramite diagrammi a colonne. Ogni mattina, i bambini di una sezione eterogenea (3, 4 e 5 anni) contano le presenze, raggruppando i risultati in base all'età. Sulla lavagna d'ardesia, o sul foglio, sono preventivamente trascritti, in stampatello, i nomi degli alunni; accanto ad ogni nome (che i bambini di 5 anni riconoscono già, e che i più piccoli imparano a poco a poco a riconoscere), si inserisce anche un quadratino vuoto (volendo, anche di colore diverso per maschi e femmine, ma non necessariamente); il bambino caposezione del giorno, aiutato in scaffolding dall'insegnante di sezione, segna la relativa presenza nel quadratino, durante l'appello verbale. Nello spazio sottostante del foglio o della lavagna, si realizzano successivamente i relativi diagrammi a colonne con l'aiuto di formine quadrate o a mano libera, rispettando il conteggio delle presenze appena fatto. Si procede infine alla visualizzazione delle colonne, per stabilire, a vista, quali sono i più alti, i più bassi. Infine si contano i vari quadratini, assegnando ad ogni diagramma la cifra corrispondente corretta, ricopiandola dai numeri affiancati, scritti dalla maestra, o tramite numeri stampati da attaccare a fianco delle colonne stesse.

Campo di Esperienza Specifico:

Numero e spazio (dalle Indicazioni Nazionali):

Il bambino raggruppa e ordina ... secondo criteri diversi; ne identifica alcune proprietà, confronta e valuta quantità; utilizza simboli per registrarle; esegue misurazioni usando strumenti alla sua portata.

Ha familiarità sia con le strategie del contare e dell’operare con i numeri sia con quelle necessarie per eseguire le prime misurazioni...

Individua le posizioni grafiche nello spazio, usando termini come avanti/dietro, sopra/ sotto, destra/sinistra...

Obiettivi:

1) far sperimentare ai bambini di tutte e tre le fasce di età, percorsi specifici, riguardanti la matematica e i relativi simboli grafico-visivi;

2) far acquisire le condizioni metodologiche favorevoli allo sviluppo logico-matematico rappresentativo;

3) far acquisire le modalità di raccolta dati, conteggio e raffigurazione, attraverso un confronto attivo quotidiano, rispettando i livelli personali di sviluppo edi espressione, dei singoli bambini, secondo turnazioni quotidiane.

Mappatura delle competenze:

1) Capacità di rappresentare e successivamente procedere alla lettura e interpretazione dei vari segni grafici numerici;

2) capacità di utilizzare l'uso di vari dati numerici in chiave creativa;

3) capacità logico-critiche e creative;

4) capacità di "leggere" e valutare i risultati dei conteggi.

Destinatari:

Bambini di scuola infanzia, in tutoring dai 3 ai 5-6 anni.

Copyright © Tindara Rasi

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giovedì 20 giugno 2019

una poesia per me

IL BARATTOLO

Mettere in mostra l’imperfezione.
Mettere in mostra il senza forma.
Mettere in mostra ciò che è brutto.
Perché quello che all’apparenza appare solo un barattolo schiacciato è una storia. Una storia lunga.
Iniziata nella mia cucina. E finita nella piccola cucina del nido. Perché la risposta alla logica è che i barattoli d’orzo stanno in cucina.
Ma la mia storia non è la vostra.
Avete girato pagina e avete iniziato a scriverne di nuove.
Storie che si sono riempite e svuotate.
Storie che sono state travasate.
Storie che sono state chiuse e aperte.
Storie che sono state trasportate.
Storie cantate e suonate amplificandone il significato.
Storie, scritte e riscritte. Chiuse e aperte. Finite e ricominciate.
Fino ad oggi.
Latte, bidoni, barattoli.
Percorsi.
Dal più grande al più piccolo.
Dal più resistente al più delicato.
Passi.
Che si concludono così.
Con un passo troppo pesante per un barattolo delicato.
Che si schiaccia.
E in quello schiacciarsi racconta una storia.
Fatta di delusione. Fatta di sconfitta.
O forse no.
Fatta di esperienza. Fatta di crescita.
A volte abbiamo bisogno di gesti pesanti per capire la leggerezza.
A volte abbiamo bisogno di gesti irruenti per capire la delicatezza.
A volte abbiamo bisogno di perdere l’equilibrio per capire come ritrovarlo.
A volte abbiamo bisogno di rompere per capire come preservare.
Un percorso.
Che ha avuto un finale diverso da quello che ti aspettavi.
Eri pronta a concludere con slancio.
Hai concluso con una caduta.
Necessaria.
Per rialzarti.
Ricominciare.
Dando un peso diverso ai tuoi passi, ai tuoi pensieri, alle tue azioni.
Mettere in mostra l’inutilità.
Mettere in mostra l’imperfezione.
Mettere in mostra il senza forma.
Mettere in mostra ciò che è brutto.
Perché quello che all’apparenza appare solo un barattolo schiacciato è una storia. Una storia lunga.
Una storia che anche oggi ti ha aiutata a trovare il tuo posto nel mondo, a pensare, a riflettere, ad agire, a sbagliare, a correggere, a ricominciare, a vivere!

lunedì 10 giugno 2019

Copyright © Tindara Rasi
Ogni albero ha un frutto
E il frutto ha dentro un seme
E il seme ha dentro l’albero
Che poi diventerà
Io che sono un bambino
Porto anch’io, come un seme
Nascosto dentro, il grande
Che un giorno arriverà
Ma allora la maestra
Che grande è diventata
Dentro avrà la bambina
Che da piccola era
La ragazzina pazza
Nella donna posata
Maestrina Ghiribizza
Che insegue una chimera
La mia maestra è donna
Ma è anche un po’ fatina
Quando serve capisce
Quando serve indovina
La mia maestra è grande
Ma ha dentro una scolara
Con la grande lei insegna
Con la piccola impara.
Bruno Tognolini

lunedì 27 maggio 2019

IMPARARE A DISEGNARE

Tra pattern, carta forno e dettato "grafico"

Copyright © Tindara Rasi

Ci sono vari modi per imparare a disegnare. Si può procedere per esecuzione spontanea, dallo scarabocchio all'acquisizione di un proprio stile personale, con totale libertà grafico-espressiva, senza avere come obiettivo l'apprendere a disegnare, ma l'atto creativo, la poiesi in sé. Oppure, si può iniziare da un processo di educazione che attui l'imitazione tra pari o da adulti a bambini: apprendo, perché lo vedo fare ad altri e provo ad imitarli in questa arte grafica, mettendomi al fianco.
Ma un metodo sicuramente efficace, è quello che passa dalla "stabilizzazione" dell'impugnatura alla stabilizzazione del tratto grafico. Il potenziamento della motricità fine e della coordinazione oculo-manuale, è alla base di tale processo, attenuante anche della disgrafia lieve.
Per fare ciò, è necessario partire dalla solidità di chi "guida" la mano che disegna, in modo da dare confine e precisione al bambino, senza che si concentri troppo su questi aspetti, prediligendo invece una maggiore attenzione verso la corretta impugnatura, la risultanza visiva gratificante dell'atto e la grafomotricità terapica.


Copyright © Tindara Rasi

STENCIL
Si inizia, pertanto, utilizzando stencils o mascherine di plastica, in vendita in tutti i siti per scuola d'infanzia. Grazie agli stencils, per gli alunni è semplice "realizzare" un disegno. I primi stencils da utilizzare sono quelli aventi forme tonde o a spirali come quella di Archimede o la logaritmica policentrica; successivamente si passerà a immagini con le linee dritte, come triangoli, quadrati, case, ecc.; infine, si arriverà all'uso di stencils dalla sagoma più articolata e complessa.
Adagiando lo stencil su un foglio, è possibile ottenere tramite una matita appuntita o un pennarello fine, l'immagine corrispondente. Lo stencil deve essere fissato bene o trattenendolo con la mano, o attaccandolo sul foglio sottostante per mezzo di scotch o puntine. L'uso più appropriato prevede inizialmente stencils con intagli di grande dimensioni, a tutta pagina, possibilmente raffiguranti un unico disegno, meglio se geometrico o astratto. I disegni prodotti sulla carta possono poi essere "seguiti" con le dita, o tramite cotton fioc, legnetti, bastoncini dei gelati, ecc, favorendo una prima attività di pregrafismo. Gli stessi disegni possono essere riprodotti liberamente dai bambini sul materiali come la sabbia, o vi possono essere adagiati sopra tappi, semi grossi o sassolini, in sequenza ordinata sulla linea tracciata in precedenza. Ciò agevola soprattutto l'attivazione del ragionamento sequenziale, spaziale e logico-matematico. 

Copyright © Tindara Rasi
Questo primo processo grafico che trasferisce la sagoma dello stencil su carta, serve a stabilizzare l'impugnatura del lapis, la pressione del tratto usato per "trasferire" il disegno sul foglio, e la posizione del polso quando si usano materiali non strutturati (sabbia, bastoncini, tappi, ecc.),. Si passa alla fase successiva, lasciando spazio e tempo per divertirsi con questo primo approccio anche tramite momenti di puro scarabocchio non strutturato, derivante comunque dall'uso degli stencils

CARTA TRASPARENTE O CARTA FORNO, E PATTERNS
Nella seconda fase, dopo aver prodotto adeguati patterns grafici, derivati dagli stencils, si inizia a disegnare su questi stessi patterns, ricalcando a mano libera tramite materiali che facciano da interfaccia. In particolare, per fare ciò, possono essere utilizzati o album di carta trasparente o carta forno. 

Copyright © Tindara Rasi


Il procedimento, in questo caso è meno "costrittivo", lasciato alla libera fluidità grafica e al libero movimento del polso. Si adagia il pattern, cioè il disegno considerato matrice o generatrice degli altri, sul tavolo, fissandolo con puntine o con nastro adesivo o tenendolo molto fermo con la mano. Sopra questo pattern, che può essere anche una forma geometrica in successione, un ritmo di pentagoni e triangoli, una serie di ovoli e spirali, oppure un grosso disegno dalle linee semplici e poco articolate, si adagia il foglio di carta trasparente o la carta forno. Anche in questo caso, sarebbe meglio tenere fermi i fogli, con gli accorgimenti già descritti per la base cartacea. Non ci saranno le "spondine" degli stencils di plastica a contenere il movimento della mano, ma il disegno potrà essere ricalcato con maggiore fluidità motoria sulla base di quello sottostante tratteggiato nel cartoncino. Sollevando il foglio di carta trasparente o carta da forno, sarà possibile vedere in controluce il risultato ottenuto. Successivamente, ogni alunno/a potrà provare a riprodurre da solo/a, senza ausilio del pattern sottostante, il disegno, avendo già acquisito anche una maggiore sicurezza nell'esecuzione. La memoria corporeo-cinestetica aiuterà a rifare il modello abbastanza fedelmente all'originale, proprio perchè lo si è appena eseguito.
Man mano che si acquisisce questa abilità, sarà possibile, da parte degli alunni, creare dei disegni liberi, cioè delle matrici assolutamente originali, disegnandole su cartoncini o fogli da lasciare a disposizione per i bambini meno esperti, i quali, a loro volta, potranno usarli come base da ricalcare con i fogli trasparenti o carta forno.


 
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DETTATO GRAFICO
L'ultima parte della propedeutica al disegno, quando cioè si è giunti al saper disegnare autonomamente, prevede l'attivazione guidata dell'intelligenza visiva e dell'intelligenza corporeo-cinestetica, tramite i cosiddetti "dettati grafici". Se si vuole attivare attenzione e concentrazione, si usa il "dettato verbale", chiedendo a voce cosa devono disegnare, secondo una procedura sequenziale: ora disegna una casa al centro del foglio, poi sul lato destro in alto, un sole. Ma il "dettato grafico" è soprattutto quello alla lavagna: che sia una L.I.M., o una lavagna luminosa, o una magnetica con relativo pennarello acchiappacalamita, o quella tradizionale con gessi, o ancora una lavagna a grandi fogli mobili, poco importa. In questo caso, si chiederà ad un/a bambino/a tutor, o verrà tratteggiato da parte delle insegnanti, cosa gli altri dovranno fare, eseguendo l'attività per primi su qualsiasi grossa superficie ove sia possibile disegnare, avendo cura che sia frontale agli altri bambini in modo che tutti possano vedere cosa viene riprodotto in essa. Il "dettato grafico" non si avvale esclusivamente di spiegazioni verbali, ma usa principalmente quelle iconiche, infatti, eseguite, "proiettate" secondo una certa sequenza nei muri. Si possono usare infatti anche veri proiettori o inviare sequenze di immagini alla L.I.M. oppure riprodurre video modeling preconfezonati con le fasi spiegate; ma più semplicemente si può disegnare "dettando" i passaggi frontalmente in grandi superfici ben visibili a tutti. La successione delle operazioni richieste, è importante, e prepara anche alle sequenze logiche del coding o della logica in generale. I disegni proposti dal tutor o dalle insegnanti, dovranno essere essenziali e molto stilizzati. L'esecuzione dovrà seguire una efficace sequenza logica, soprattutto nelle prime fasi dell'apprendimento grafico. Un esempio classico è quello del disegno del sole: per farlo, prima si disegna il cerchio, poi i raggi lunghi, poi i raggi corti. Successivamente, acquisendo manualità, spazialità e sicurezza fino-motoria, se al centro della lavagna viene tracciata una casa in assonomia dimetrica cavaliera a 45 gradi, gli altri bambini dovranno fare altrettanto, rispettando lo spazio sul foglio, ma disegnando però la casa in maniera autonoma e soprattutto originale, in base alla propria capacità grafico-pittorica acquisita. Ognuno di loro avrà la possibilità di utilizzare il materiale che più predilige, e potrà dunque disegnare con pennarelli, con matite colorate, con cere, con gessetti, con pennelli e tempere; ma soprattutto, potrà disegnare una casa come meglio riesce, come meglio preferisce, graficamente complessa o a sua volta stilizzata, oppure dai colori fantasiosi, o ancora con i tratti fermi, lineari, o infine curvi e arzigogolati. In questo ultimo atto, nasce la vera produzione grafica e si sviluppa la vera creatività espressiva.

ESTENSIONI OUTDOOR
In scuole dove è possibile recarsi all'esterno in totale sicurezza, si può anche pensare ad attività outdoor, facendo mettere a cerchio i bambini sull'asfalto o sul cemento e, grazie al dettato grafico di un bambino messo al centro del gruppo, far disegnare con i gessetti, dei graffiti dettati o dei disegni effimeri nel tipico stile Street Art dei madonnari, oggi definita arte dello "3street painter" oppure del "pavement drawer". Il disegno ottenuto, sarà di breve durata, ma avrà dato intanto la possibilità ad ogni bambino di rafforzare il polso su una superficie meno liscia di un foglio, e avrà soprattutto fornito la possibilità di non fissarsi sul contenuto finale, ma sul divertimento dell'atto creativo e sulla spontaneità ludico-grafica che non condiziona i processi immaginifici, ma li avvalora invece, in affianco contestuale ad abilità e competenze pratico-didattiche di strategica importanza nella scuola d'infanzia.



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SEQUENZA DELLE FASI

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LABORATORIO IN UN'OTTICA "FLIPPED CLASSROOM"
Su un blog, creato tramite il software Google Sites, sono stati informati i genitori sia prima che dopo l'esecuzione di un'attività di laboratorio con carta forno o carta trasparente, denominata "Per imparare a disegnare". Su questo blog di Google Sites sono state pubblicate due pagine, una con i documenti preparatori, secondo la metodologia Flipped Classroom, l'altra con i risultati ottenuti alla fine del laboratorio. I genitori coinvolti, e gli stessi alunni, hanno potuto visionare così alcune presentazioni tramite il tool "Emaze", caricate preventivamente dall'insegnante. Si è trattato di presentazioni brevissime e semplici, adatte soprattutto alle capacità attentive dei bambini e ai loro tempi di ricezione effettivi. Tramite l'uso di questi tools, è stato inizialmente richiesto ai genitori di portare il materiale (carta forno o carta trasparente, ed eventualmente un lapis preferito dai loro figli), specificando i tempi richiesti entro i quali farlo. La presentazione, in questo primo caso, era da vedere insieme, genitori e figli, quasi in funzione di registro online.
Il secondo video di presentazione, invece, principalmente rivolto agli alunni, poteva essere pre-visionato a casa con l'aiuto dei genitori, ma anche riproposto dalle insegnanti in aula poco prima dell'attivazione del laboratorio. In questo caso, tramite il video del tool, sono stati presentati i passaggi che di lì a poco gli alunni avrebbero dovuto eseguire, e specificato perchè gli veniva richiesto di fare quella attività, cosa si voleva potenziare e ottenere alla fine della performance.
Il compito finale di realtà, svolto in aula secondo una modalità individuale next-to-me (un bambino dopo l'altro, non in gruppo, seguito passo passo dall'insegnante), è stato filmato sia per una autovalutazione olistica (come si vede lo stesso alunno, riguardando il filmato), che per una eterovalutazione (come mi vedono i genitori, come mi vede l'insegnante).
Alla fine della giornata, in una presentazione conclusiva, è stato caricato su Google Sites un esempio tramite video e foto, dell'attività svolta. Anche in questo caso, dunque, sia i genitori che gli alunni, hanno potuto vedere cosa era stato fatto in aula e i risultati ottenuti, riferibili alla Competenza Chiave Europea "Imparare ad imparare".

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domenica 26 maggio 2019




I contenuti scritti presenti su questo blog possono essere condivisi, copiati, riprodotti, pubblicati o utilizzati solo previa autorizzazione e menzionando l'autrice, non possono essere utilizzati a scopo economico né possono essere riadattati a meno che non autorizzati dalla sottoscritta autrice di Maestra all'opera, che ne è la proprietaria.
(Legge sul diritto d'autore 22/04/1941 n° 633, G.U. 16/07/1941)

domenica 5 maggio 2019

VASSOI
Metodo Montessoriano
di Tìndara Rasi
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Alla base dell'autonomia personale c'è il concetto di derivazione montessoriana "aiutami a fare da me". Nella Scuola d'Infanzia ciò si traduce in una predisposizione degli spazi ad altezza bambino, con piena disponibilità all'afferramento e all'uso quotidiano, a livello soggettivo e personale. Una basilare concezione che io traduco con l'utilizzo, sempre di derivazione montessoriana, dei vassoi per le attività, da prendere dalle scaffalature e usare liberamente.
Li ho proposti e fatti  realizzare in cartone colorato di azzurro-blu, l'anno scorso, uno per bimbo, a livello personale; ma, non potendoli recuperare quest'anno, ho riadattato questa modalità montessoriana, usando contenitori "alternativi": vassoi di plastica ad uso plurimo, per tutti, o piccole cassette di legno della frutta, in particolare quelli delle fragole, sempre per tutti, oppure ancora mini vassoini individuali con contenitori per cibo, di legno sottile (barchette per cibi).

Dentro quelli di cartone di l'anno scorso, ogni bambino, singolarmente, poteva mettere il proprio materiale,  predisporre oggetti o giochi transazionali per usarli successivamente, conservarvi dentro disegni liberi, astucci e matite personali, persino tappi, fiori, sabbia, sassi, rami, gioielli, macinini di vecchio stampo e sale grosso, fischietti, fisarmoniche, ecc.. Quei vassoi di cartone erano infatti poggiati su mensole rigorosamente aperte, ad altezza bambino, ad uso bambino. Ogni alunno poteva spostare e trasportare il contenuto del proprio laboratorio fantasioso manipolativo, poteva giocarci, poteva conservarlo per i giorni dopo uguale, poteva svuotarlo, riempirlo, svuotarlo e ricominciare daccapo.

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Questo anno, nell'impossibilità di riutilizzare lo stesso materiale, perchè la sezione è stata ricalibrata a livello di setting e strutturata diversamente per altre esigenze dalle colleghe presenti inizialmente, ho trasfuso (travasato, per usare un altro termine di Montessori), questa stessa idea ai contenitori di plastica o a quelli di legno, proponendoli a tutti in piccolo o grande gruppo. La potenzialità metodologica e funzionale si è trasformata da risorsa individuale per le attività manipolatorie e creative personali, a risorsa collettiva e "conservativa": vassoi per "contenere" oggetti, per conservarli, per presentare le attività, per riordinare. Un vassoio di alluminio, ha potuto contenere la "musica" prodotta dallo scoscio d'acqua sotto il rubinetto, e persino della pioggia. Altri hanno contenuto Loose parts destrutturati, di derivazione naturale.


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Un uso intermedio, molto poco montessoriano perchè totalmente di plastica, lo ha svolto una grossa bagnarola ovale di plastica che ha contenuto i "mattoncini" Lego©, l'unico gioco ad alta funzionalità creativa e manuale presente in sezione.


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Un uso "personale" e individuale, sebbene sfruttato solo nell'ultimissima parte dell'anno, lo hanno svolto le barchette piccoline per cibo, in legno sottile, materiale scovato in occasione della festa della mamma.
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I vassoi montessori hanno in realtà caratteristiche specifiche: sono grandi, dotati di maniglie, di legno monocolore o color naturale, proprio per non distrarre eccessivamente l'attenzione del bambino nella sua fase di riordino in autonomia o di creazione immaginifica con i materiali naturali. 
Ma la mia sezione non è sita in una scuola prettamente montessoriana e arrabattarsi è affare di ogni maestra che si rispetti.

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