Main Menu

domenica 8 marzo 2020


LA STORIA DI PALO DE HORMIGO
di Rigoberta Menchù

Il signor Palo de Hormigo si svegliò triste. Non c'era ragione di esserlo. Il mattino era splendido, gli altri alberi si stiracchiavano contenti delle loro foglie e dei loro rami, gli scoiattoli saltavano d un ramo all'altro, gli uccelli annunciavano il sole e prima dell'alba stavano già cantando, come se fosse festa tutti i giorni. Il signor Palo de Hormigo non aveva ragione di essere triste eppure si svegliò triste.
Il Palo de Hormigo è un albero robusto: grosso, frondoso, con foglie verdissime e, soprattutto, con un legno duro, duro, duro. Il legno più duro del bosco. Il picchio arriva con il suo becco esperto nell'aprire buchi in tutti gli alberi e, dopo aver tentato di fare il suo nido nel signor Hormigo, rimaneva con il becco che sembrava una molla. Era un albero duro e solido. Forse per questo dava la sensazione di proteggere tutti gli uccelli. E allora gli uccelli arrivavano, tutti gli uccelli del bosco, i sanates, i cenzontles, gli uccelli canterini, i guardabarranca, i passeri, tutti gli uccelli arrivavano, si appoggiavano sui rami dell'Hormigo e si mettevano a cantare le loro canzoni antiche, antiche come il mondo. Avvenne quindi che la musica degli uccelli cominciò a penetrare nelle foglie, nei rami, nella linfa del signor Hormigo, fino a raggiungere il suo cuore. Quanto più gli uccelli cantavano, tanto più il signor Hormigo si riempiva di musica, esplodeva di musica, la musica gli sprizzava dal cuore.
cercò di cantare, ma non ci riuscì. Non aveva la bocca degli uomini, né il becco degli uccelli. Si rese conto che tutto l''universo cantava: i mari ruggivano quando erano agitati, e poi la spuma delle loro acque andava a frangersi sulle spiagge con un sospiro tonante; il vento passava fra i rami degli alberi e si diceva che sussurrasse; i precipizi rispondevano con l'eco ogni volta che qualcuno li chiamava; i ruscelli dicevano cose incomprensibili, mentre saltavano da una pietra all'altra; le caverne sulle montagne ululavano, e perfino altri alberi fischiavano. Il signor Hormigo si rese conto che anche tutti gli altri animali cantavano: ruggivano i giaguari e gli zaraguates, i lupi e i coyote ululavano, le scimmie gridavano e, in generale, ognuno si sfogava a più non posso. Il signor Hormigo riconobbe che il Cuore del Cielo e il Cuore della Terra avevano creato un mondo sonoro. E solo lui, che era sul punto di scoppiare dalla voglia di dire qualcosa, rimaneva muto in mezzo alla foresta!
Per questo il signor Palo de Hormigo si svegliò triste.
«Non ti basta che il vento fischi tra le tue foglie?», gli domandò uno scoiattolo.
«No, non mi basta», rispose, «voglio lo stesso dono della musica che hanno gli animali, i ruscelli e i fiumi.»
Sapeva bene che quello era il destino degli alberi, ma voleva cantare per emettere dalle sue viscere tutti i trilli che gli uccelli gli avevano regalato nel corso della sua vita. Per questo sospirava tristemente. Aveva una malattia che si chiamava malinconia: è la malattia di un sogno, di un desiderio, di una nostalgia. La cosa peggiore fu che la malattia della nostalgia divenne contagiosa. All'improvviso gli uccelli, che vivevano sui rami del signor Hormigo, smisero di cantare. Anche loro erano tristi, e invece di cantare, emettevano lunghi sospiri, come se avessero perso le forze. E agli uccelli degli alberi vicini, sconcertati, succedeva che ogni volta che volevano fare un trillo o un grido, usciva solo un profondo avvilimento, come se il loro cuore fosse finito nell'angolo più oscuro dell'abisso e non riuscissero a trovare l'energia per andare a cercarlo. E il male si andò estendendo a tutti gli uccelli, e dagli uccelli agli altri animali. I cani non abbaiavano più, lanciavano solo i loro famosi sguardi pieni di tristezza. Le scimmie non gridavano, chinavano il capo e il loro sguardo si perdeva all'orizzonte. E così tutti gli animali, e dagli animali la malattia della nostalgia passò ai ruscelli, che smisero di mormorare, e ai mari, che rimasero calmi come se non ci fosse vento, e ai venti, che smisero di fischiare, e ai leoni, che non facevano più i loro terribili sbadigli. Di colpo il mondo rimase muto. Il mondo divenne sordo.
E il Cuore del Cielo e il Cuore della Terra udirono quel grande silenzio dilagare nell'Universo.
«Che cosa è successo?» si domandarono. «Che cos'è questo silenzio che stiamo ascoltando? Perché c'è così tanta tristezza nel mondo?»
Lo domandarono alle colline e ai fiumi e questi risposero: «Signori, sicuramente il vento lo sa». Lo domandarono al vento, e questi con umiltà disse: «Padre e Madre, il motivo per cui tutti gli animali dell'acqua, della terra e dell'aria stanno zitti è la malinconia. Se la sono passata l'uno all'altro finché si è estesa per ogni dove. Ma l'origine di tutto, l'inizio di questa tragedia ha luogo nel cuor della foresta, con la tristezza che ha pervaso il Palo de Hormigo».
Allora il Cuore del Cielo e il Cuore della Terra andarono dal signor Palo de Hormigo e gli domandarono che cosa gli stesse succedendo.
«Padre e Madre», rispose l'Hormigo, «perdonatemi per aver contagiato tutto l'universo con la mia malinconia. Succede che con gli anni mi sono impregnato così tanto di musica che non mi basta più il semplice fischio che il vento produce quando passa tra le mie foglie.»
«Padre e Madre: voglio cantare, ho bisogno di tirar fuori tutta la forza della musica che vive dentro di me!»Questo disse il signor Hormigo al Cuore del Cielo e al Cuore della Terra.
Il Cuore della Terra, la Madre Natura, rispose all'Hormigo: «Figlio mio, non essere più triste» gli disse, «tu sai che ogni essere della creazione ha un compito da svolgere per raggiungere l'armonia». E aggiunse: «Sai anche che a ognuno è stato assegnato un modo diverso per dire al mondo quello che prova. Gli alberi devono fischiare con l'aiuto del vento, così come le caverne devono ululare e i fiumi e i ruscelli cantare».
La Madre continuò: «Tuttavia, la tua tristezza ci ha commosso. Consulteremo Nonno Sole e Nonna Luna e domani, all'alba, verrà un quetzal dalle piume brillanti a posarsi sul più alto dei tuoi rami e ti dirà all'orecchio il messaggio dei Nonni». I Genitori si congedarono dall'Hormigo dicendogli: «Non essere più triste, figlio caro, voglio vedere di nuovo la tua allegria affinché tutti gli animali dell'aria, dell'acqua e della terra tornino a riempire con i loro suoni i quattro angoli dell'universo».
Il giorno dopo, con i primi bagliori di luce, comparve un quetzal dalle piume verdi e lucenti. Si posò sulla parte più alta dell'Hormigo e iniziò a trasmettere il suo messaggio. «Nonna Luna ha dato il suo parere», disse il quetzal, «e ti manda un acquazzone di polvere di giada che ti lavi via la malinconia che ha ammalato le tue radici, il tuo tronco, i tuoi rami e le tue foglie. D'ora in poi contagerai allegria e voglia di vivere dalle viscere della foresta. Il tuo seme si estenderà ai boschi e migliaia di Palos de Hormigo popoleranno la terra.» Il quetzal prese fiato e proseguì dicendo: «Nonna Luna ha sentenziato che il destino degli alberi è fischiare con il vento e che cantare non appartiene alla loro natura. Tuttavia, commossa dalla tua tristezza, la Nonna ti ha concesso il dono della musica e mi ha raccomandato di spiegarti quanto accadrà in futuro».
Il quetzal ripeté le parole della Nonna: «Gli uomini di mais saranno creati per popolare la terra e onorare il nome dei loro genitori e dei loro Nonni. Gli uomini di mais saranno saggi e impareranno a far produrre la terra e a coltivare le scienze e le arti. Le donne e gli uomini porteranno nel loro spirito il dono della musica, lo stesso che ti abbiamo concesso, Palo de Hormigo». Il quetzal continuò dicendo: «L'uomo di mais scoprirà che nel tuo legno, Palo de Hormigo, è concentrato lo spirito del canto degli uccelli. Quando l'avrà scoperto, taglierà il tuo legno in strisce lunghe, e le chiamerà tavolette, e quelle tavolette, percosse da una bacchetta di legno con una pallina di caucciù sulla punta, produrranno il suono più puro, la musica più gradevole dell'universo, e tutte le tavolette messe assieme, legate, e suonate sulle grandi zucche secche, popoleranno l'aria della montagna con la stessa armonia della pioggia nei pomeriggi tranquilli, o con la soavità dei ruscelli che scendono dalle montagne, o con il chiasso mattutino degli uccelli. Lo strumento che gli uomini fabbricheranno per estrarre la musica che si trova nelle tue viscere si chiamerà marimba, e farà la gioia delle orecchie della gente nelle feste e nei balli, nei momenti di riposo e di riflessione. Solo così uscirà da te tutta la musica che custodisci come un tesoro».
In tal modo, il signor Palo de Hormigo si trasformò in marimba. Da quando gli uomini di mais sono stati creati, ricavano dal suo spirito il dono della musica che gli è stato dato dai creatori, dagli artefici. Avevano sempre saputo che nelle viscere del Palo de Hormigo c'era la musica che avrebbe rallegrato le loro feste e gli avrebbe insegnato a ballare: la musica che avrebbe potuto anche accompagnare le loro tristezze, per ricordare il tempo in cui il Palo de Hormigo si era ammalato di malinconia.

Queste sono le storie che mi raccontava la Nonna, le storie che mi raccontava il Nonno. Ve le racconto così come mi sono state raccontate. Sono storie antiche come il mondo, da ascoltare di notte, intorno al fuoco, un attimo prima di chiudere gli occhi e incominciare a sognare.

"La storia di Palo de Hormigo" si trova nel libro "Il vaso di miele", contenuto nella raccolta "IL MAGICO MONDO DI CHIMEL. STORIE DI UNA BAMBINA MAYA", di Rigoberta Menchù (pacifista guatemalteca, Premio Nobel per la Pace nel 1992), con Dante Liano, Ed. Sperling&Kupfer, 2005