UBIQUITOUS COMPUTING
Fu Mark
Weiser a
coniare il termine "ubiquitous computing", attorno al 1988,
durante la docenza come Chief
Technologist (Ingegnere
capo), presso il Palo Alto Research Center (PARC, Centro di Ricerca
di Palo
Alto)
della Xerox.
Sia
da solo che assieme a John
Seely Brown,
Weiser scrisse alcuni articoli che rappresentano i primi documenti
sull'argomento, definendone gran parte della disciplina e delineando
i suoi principali interessi e dubbi in proposito.
Opposto
al paradigma del desktop (letteralmente:
«scrivania»), in cui un utente individuale aziona consciamente una
singola apparecchiatura per uno scopo specifico, chi "utilizza"
lo ubiquitous
computing aziona
diversi sistemi e apparecchiature di calcolo simultaneamente, nel
corso di normali attività, e può anche non essere cosciente del
fatto che questi macchinari stiano compiendo le proprie azioni e
operazioni. Questo paradigma viene descritto anche come calcolo
pervasivo, intelligenza
ambientale o,
più di recente, ovunque' (oppure,
utilizzando il corrispondente termine inglese,everywhere).
Quando riguarda principalmente gli oggetti coinvolti, è anche
detto calcolo
fisico, Internet
of Things (letteralmente: Internet
delle cose), haptic
computing (letteralmente: calcolo
tattile)
e cose
che pensano.
L'ubicomp comprende
un'ampia gamma di argomenti di ricerca, tra cui il calcolo
distribuito,
il mobile
computing,
i Wireless
Sensor Network (o
WSN), l'interfaccia
uomo-macchinae
l'intelligenza
artificiale.
Un'introduzione a questo particolare campo informatico,
adatta a un pubblico generico, è rappresentata dal libro di Adam
Greenfield Everyware:
The Dawning Age of Ubiquitous Computing,in
cui Greenfield descrive il paradigma d'interazione dello ubiquitous
computing come
"elaborazione di informazione che si dissolve in comportamento".
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