Main Menu

giovedì 5 luglio 2018

SAN PAOLO DOCET

Copyright © Tindara Rasi

Non so che dire...Fede, Speranza e Carità dovrebbero sapere tutti che esistono...
Domanda: Quali sono le tre virtù teologali? Risposta: Fede, Speranza, Carità. Punto
Eppure se un ragazzo all'esame non lo sa, io non lo reputo un difetto familiare, ma sociale. Se un ragazzo non sa rispondere a questa semplice domanda, la chiesa mostra la sua carenza sociale-educativa, non la famiglia. Se una famiglia atea, porta i figli comunque in chiesa, la chiesa cosa fa? Dovrebbe... dico dovrebbe... educare loro, e possibilmente tutto il resto della famiglia atea, alla fede... prendere in consegna questa ferita sociale che si presenta alla porta e farla diventare lo splendido gioiello di Dio, limando e limando e limando... Un lavorone. Ma è questo che la chiesa, i parroci, i pezzi grossi nelle parrocchie, dovrebbero fare. E' il loro mestiere. Non compito, o servizio, o volontariato... ma mestiere proprio: prendono soldi per fare quello. Il mestiere, unico, di chi davvero vuole diventare santo. Invece, se viene impedito, letteralmente impedito ai ragazzi, di accedere liberamente ad un gruppo grest, hai voglia che gli educatori facciano canti e balli, che si sprechino in uscite sull'Amiata o al velodromo, o all'aeronautica, o in chiesa a spiegare messaggi ferventi di lode al Signore, se poi agli altri ragazzi non così ammanicati con gli ambienti ecclesiali e non così complici di certi vergognosi sistemi di inclusione di massonica memoria, vengono letteralmente buttati fuori.
Io credo che se un ragazzo di media cultura, non riesce a rispondere alla semplice domanda su quali siano le tre virtù teologali, è dovuta al fatto che ci sono catechiste di serie B, bravissime, messe al bando, perchè non compiacenti; e catechiste di serie A... a come... boh, che ne so..., ma abbastanza amiche di tal dei tali da arrivare lì, senza un minimo di competenza ecclesiale, solo per lo status symbol che rappresentano.... lì a fare spettacoli sul sagrato e grest a tutta randa... ma poi Fede, Speranza e Carità non hanno la più pallida idea di come possano davvero essere messe in pratica. Catechiste. E parroci.
E' un giudizio severo e risentito, il mio.
Ma è il mio.
E la scenetta di domani, posso immaginarmela... una rassegna di attrici nate sul palco... ma io non ci casco più. Se un ragazzo non sa rispondere usando tre parole, tre semplici parole, che di certo non sono "sole, cuore, amore", ma che in qualche modo gli assomigliano parecchio, non esiste chi ha colpa, perchè nessuno punta il dito verso se stesso, tutti lo puntano sugli altri. Eh, no, non è la chiesa, non è il prete, non è la catechista... è la famiglia... Eh, no, non è la famiglia, è la società, la chiesa... Eh, no, non è il prete, è la mamma, il papà... E intanto, in questo gioco recitativo delle parti, chi ha colpa veramente fa la stella sul palco e pensa davvero di essere una star. Ha tutto il diritto di pensarlo. Perchè la platea critica, quella che all'occorrenza fischia e dissente, quella intelligente, non esiste... esiste la platea compiacente, quella che applaude sempre tutti e tutto, e che si lascia trascinare dall'euforia della proposta che gli hanno propinato davanti allo scenario, non sapendo nuotare contro corrente, non avendo i polmoni per gridare dissenzo, i mezzi culturali per farlo.
Stamattina ho sentito un'omelia. Il parroco ha detto che Dio ci parla attraverso gli altri; se ascoltiamo loro, ascoltiamo cosa ha da dirci Dio. Ma allo stesso tempo anche la nostra voce deve, vuole, spera di essere ascoltata. Dice qualcosa di offensivo, di arrabbiato, di duro? Va benissimo... chiede solo disperatamente di essere ascoltata, ascoltata, ascoltata. Chiede... Amore... virtù teologale... Si esige dagli altri ubbidienza ed ascolto, ma non si è disposti a darne. Io dovrei ubbidire a chi? Ascoltare chi?... Lo devo fare perchè lì c'è Dio che mi parla... fede... Ma tu, ascolti me? Ascolti la mia sofferenza? La allevii?  Non mi parlare di Fede, Speranza, Carità... non mi vuoi al catechismo, ma semmai ci potessi venire, non ti ascolterei comunque... fammela vivere, 'sta teologia di paroloni... Vivere! Invece, di ciò di cui ho davvero bisogno io, del tuo esempio, parroco, del tuo esempio, catechista, del tuo esempio personcina pia di chiesa, non te ne frega niente, non mi ascolti, non mi accogli, non mi dai... vuoi rispetto e non me ne dai... vuoi applausi e brava/o brava/o bis, e non me ne dai... vuoi solo la tua parte bellissima sul palco, sgomitando per ottenerla, e non vuoi che ci sia affollamento altrui a rubarti la scena. E in tutto questo, c'è chi in gruppo ti spalleggia e ti valorizza. Arriverai in alto, tu... oh, si!...
....Io resto qui. ...Mi vedi?
Un monologo senza speranza. Si può urlare la rabbia e la delusione quanto si vuole. Echi, echi, echi... Perchè non c'è dialogo, non c'è reciprocità, lì dove c'è egocentrismo, accentramento su di sè. Non c'è valore. Nè comunicazione, trasmissione, passaggio di temi veri. Niente. Il ragazzo resta lì, gli altri stanno sul palco e sballettano, cantano, recitano la parte dei bravi amati fidati sperati che sanno cosa fare per mettere a frutto i loro talenti, loro si...
Eppure siamo figli dello stesso Dio. Eppure nella Fede, nella Speranza e nella Carità, ci rientriamo tutti. Eppure ogni ragazzo, ogni persona scartata e messa all'angolo da capricci altrui, per Dio ha lo stesso valore della catechista sul palco che domani si sente vincente e migliore degli altri.
Intanto un ragazzo escluso dal podio dei vincenti, alla domanda sulle virtù teologali non sa rispondere, non sa cosa siano, nessuno gliele ha trasmesse vivendole. Rimane questo, in mezzo a tutti gli astri splendenti che tracciano rotte di chimere, agevolate dai loro potenti protettori/proiettori di turno.

Copyright © Tindara Rasi
...per voto fatto...



Nessun commento:

Posta un commento