GNOSI DELL'OFFERTA
"Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio."
- Papa Francesco -
Arriva, Barbara, arriva il tuo, e si festeggerà con una bimba morta e l'altra viva, e questo dispiace.
Ma l'aspetto più brutto, è che la torta forse la farà Angy, e tu non la mangerai; e la festa la farà un libro e tu non ci sarai scritta. Nel mio si, nel suo no.
Penso che un'offerta e un voto siano un'offerta e un voto, e che una statua oscena piantata in giardino dalla lascivia personale e lussuriosa di lei sia deponente a sfavore della correttezza sacrale di qualunque gesto.
Così come penso anche che la gnosi non è data a tutti, ma solo ad alcuni, e che chi la riceve a quel punto dovrebbe giocarsela bene, come un dono, assegnando alle opere il giusto valore, concordando con la testa, dal cuore alla testa, dal cuore alle mani-opere, dal cuore alla vita, il tutto che ha avuto in consegna come dono divino.
Una vocazione è una vocazione; un'attività è un'attività... Ognuno deve saper FARE ciò che gli è stato dato come potenziale, come possibilità di operare il bene. Festeggiare se non si sa svolgere il proprio mestiere, è per pochi che non capiscono quanto vale invece festeggiare l'onestà, la capacità di spendersi e di amare, il rispetto, l'affetto, la generosità, la valorizzazione altrui.. Festeggiare la disonestà, l'inappropriatezza lavorativa, l'inadeguatezza sociale, la mancanza di onestà civile e valoriale, è disonesto fino alla fine. La gnosi impone che chi ha un dono lo ri-consegni. La gnosi impone che la luce interiore sia diffusa e che non diventi macchia, dolore, sopraffazione, spilorceria relazionale nei confronti altrui. La gnosi da'. Da' interiormente. Ma da quel "dato", da quel "ricevuto" gratis per Amore, si confà un ri-dare, in un circuito di propaganda luminosa e affettiva che sia senza fine. Non è un dare a manica stretta, non è un dare ad alcuni e distruggere altri. La mente superiore, se davvero è aperta, riconsegna. Non annulla. Non fa del male. Non festeggia la propria supposta superiorità (che invece è nullità) con pochi eletti incapaci di capire, asserviti umiliantemente ai propri bisogni. La mente aperta e piena di luce, si accaparra il dolore altrui e lo fa proprio. E si spende, come una candela, per far felici gli altri. E ci mette il cuore, l'anima, tutto, per rendere la vita degli altri, quella sì, degna di essere celebrata e festeggiata ogni giorno, valorizzata, liberata, migliorata, esponenziata ogni secondo, sempre. Questo è essere professori del proprio mestiere, altrimenti si è niente, solo egoistica fagocitazione di attenzioni per vanagloria personale senza valore oblativo alcuno, senza ri-potenzialità.
Non c'è nulla da festeggiare in una vita spesa al servizio del proprio egoismo e della propria incapacità; ci sarebbe tanto da festeggiare se si fosse stati capaci di ritrattare, di chiedere scusa, di perdonare, di riconsegnare, di valorizzare, di colmare le lacune, di ridare dignità e operatività.
Non c'è nulla da festeggiare con le torte di Angy, senza le sue torte, con i festoni, senza i festoni, con i regali, o senza... perchè vedi, Barbara, nei tuoi giorni da virgo fidelis e nei tuoi memoriali da perfezioni del servizio insinceri fino al midollo, nei tuoi anniversari e nelle tue occasioni speciali, un dono ricevuto si ridà: si trova il modo di sdebitarsi e di ri-darlo. La quaresima tua, dovrebbe essere questa. Il tuo cammino, questo. E poichè tu invece non ridai, una festa che centra tutto su se stessi e nulla sulla consegna di un Dio superiore per servire Lui in esclusiva, una festa così, permettimi, non è festa, è solo, spiacevolmente, un grande, immenso, inutile spreco. La vedova che mette nella cesta delle offerte persino i suoi pochi spiccioli, ha più valore di te che spendi e spandi per festeggiare, ma non con "tutti"; di te che selezioni chi è degno di peggiorare assieme a te nel tuo negozio e chi no (offri solo questo, tu); di te che vincoli al confino chi non ti corteggia e non ti corrompe l'anima, trattenendo chi lo fa; di te che non sei capace di ridare fosse anche una briciola del tuo dono, sprecandolo invece, gettandolo, sperperandolo - senza equità e con disinvolta sperequazione - tra i tuoi leccapiedi, e decurtandolo, rubandolo alle tante mani inutilmente tese e davvero bisognose alle quali dovresti invece riconsegnarlo intero.
Tutti ti guardiamo farlo e nessuno, nemmeno io, riusciamo putroppo fare nulla per fermare questo scempio tuo. Un dono munifico, gettato nel lusso - mancante di valore opzionale fondante - dei tuoi festeggiamenti senza "tutti", e dunque fondamentalmente senza l'ospite principale, senza Dio che serve; e che tu servi. O, almeno, condizionale presente: che presumibilmente, fosse anche solo stipendialmente se non spiritualmente, dovresti servire.
Tìndara Rasi
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