"GEOCACHE"
PER VALORIZZARE IL PATRIMONIO
CULTURALE FRANCESCANO
di
Tìndara Rasi
San
Francesco, santo umbro, ebbe molta influenza in area maremmana.
Abitò qui, fondò monasteri, ebbe amici. Ma del suo girovagare in
questo territorio non è possibile
avere molti
dati
certi.
Oggi
esistono numerose modalità, grazie alle quali si possono lasciare
tracce del proprio passaggio ad altri. Dal materiale cartaceo, ai
siti, alle App, ogni spostamento
è tracciato e localizzato. Ultima frontiera proviene
dalla caccia al tesoro, metà virtuale, metà ambientale, detta
"geocache". Si tratta di un gioco di comunità
che
propone
di geolocalizzare e inserire coordinate e riferimenti di alcuni
luoghi di interesse paesaggistico o storico
raggiunti da un primo utente,
lasciando nel contempo per gli altri "invitati"
direttamente sul luogo,
appositi contenitori con
bugiardino, logbook
o casellari
per firme a beneficio di chi li ritrova, pezzi di giochi detti
trackable,
ecc.
Chi legge sul sito la nuova location
geomappata,
e decide di partecipare al gioco, si mette sulle tracce dettate da
quelle coordinate per ritrovare il contenitore cache
lì nascosto. Quando lo trova, lo apre, inserisce un oggettino suo,
firma il logbook
cartaceo
che
ne registra la
propria presenza,
lo
rimette a posto nel suo nascondiglio segreto, va
sul sito
internet
e contrassegna
il raggiungimento di
quel punto con una foto, un materiale specifico,
un commento.
Per
trovare il luogo, per ricavare le coordinate, spesso sul sito vengono
preventivamente caricati dei rebus da risolvere. Travalica
il gioco stesso l'aspetto più interessante
e nascosto:
rincorrendo le nuove postazioni inserite nel sito, a caccia di punti
e quindi di "tesori" simbolici, si cammina, ci si muove, si
scoprono posti diversi. Il geocache
può essere cercato da soli o a gruppi. Sono stati organizzati raduni
ed
eventi dalla
comunità anche per pulire determinate
zone inquinate, per ripristinare sentieri abandonati, per la
piantumazione
di
nuove piante in aree danneggiate,
come l'evento Cache
In Trash Out.
La
Toscana, in questo gioco a metà tra virtuale e turistico, è una
capostipite.
In Maremma,
cache
si troverebbero presso Monte Labbro
nei luoghi di Davide Lazzaretti,
vicino alla pieve di Santa Maria ad Làmulas,
tra
i ruderi dell'eremo di
Malavalle, negli
scavi della canonica di San Niccolò con la sagoma dalla forma di
margherita a Montieri,
presso la sede vescovile di Roselle.
Servirebbero però anche geocache
per valorizzare il patrimonio culturale, artistico e immateriale,
di origine francescana.
A
giugno del 2019 un geocacher
ha
inserito la basilica di San Francesco ad Assisi tra i luoghi
da ricercare.
Più vicina a noi, potrebbe essere interessante
Saragiolo, per
esempio, frazione
di Piancastagnaio
(SI),
dove
si
trova un leccio
alto 15 metri e dalla circonferenza di oltre 7 metri,
detto "leccio delle Ripe", figlio di un altro sotto il
quale si narra sostò San Francesco. Sotto di esso non attecchisce
mai la neve. Si
raggiunge a piedi, tra la natura incontaminata,
ed ha lo stesso rispetto devozionale riservato ad un altro
leccio legato invece alla figura di San Bernardino da Siena,
a Montorsaio, oppure all'ulivo
o alla
quercia
da sughero di Buriano, nel cui vano
cavo visse invece San Guglielmo, fondatore dell'Ordine dei
Guglielmiti.
Ma
chi inserisce
i contenitori ufficiali con trackable,
in affiancamento al turismo ufficiale e a quello religioso in
particolare,
non
si fa dare
suggerimenti: gioca sull'improvvisazione e la sorpresa,
tra
risus,
ludus, jocus et jocunditas.
Tralasciando
le memorie "vegetali", a livello architettonico vanno
ricordati i
conventi di Massa Marittima e di Montieri,
che sembrerebbe
siano
stati
eretti
proprio
dalle mani di San
Francesco. Quello
di Massa Marittima,
antichissimo (il prossimo anno
si celebrerà
l'ottocentenario dalla sua fondazione: 1221-2021),
ebbe il doppio onore di essere fondato da San Francesco e anche di
aver dato ospitalità all'altrettanto famoso San Bernardino da Siena,
francescano del ramo degli Osservanti.
Lì,
ancora
prima di Bernardino,
vissuto tra il 1380 e il 1444,
vi
aveva
abitato
il
beato
Ambrogio da Massa,
frate minore morto nel 1240, amico di due altri beati francescani, il
beato
Morico
e il beato
Giacomo da Massa.
Il
beato Ambrogio
divenne prete a Scansano,
ma
la sua fama travalicante
i secoli si
deve alle capacità oratorie e alle sue doti da taumaturgo. Lo
stesso San Francesco aveva questi doni.
Era istruito, sapeva il provenzale e il latino, cantava, faceva il
"giullare" per attirare le folle con letizia e giocosità,
suonava, ballava: tutto, per attrarre a Dio. Inoltre guariva i
lebbrosi, come Gesù e alla sua morte una bimba con il collo storto
guarì, gli indemoniati vengono liberati, i paralitici guariti
immergendosi nei pozzi o nelle piscine. San
Bernardino,
invece, a Massa Marittima organizzò i frati francescani
Osservanti
ed espanse la sua spiritualità e religiosità in tutte le province
limitrofe,
pubblicizzando il nome
di Dio tramite un ingegnoso "logo" grafico, un sole con
dentro la scritta IHS,
lo stesso che si ritrova scolpito nel pozzo della "Bufala"
dentro il chiostro della chiesa di San Francesco, nel centro storico
di Grosseto.
Conosciuto per i suoi
numerosi
miracoli, San
Bernardino si
spostò anche presso il Convento della Nave a Montorsaio
(luogo
del beato
Andrea
, un francescano del XV secolo circa, del quale si conosce solamente
il nome) e
presso
il
convento del Colombano situato
a
Seggiano,
vicino Poggio Ferro.
In quest'ultimo l'8 settembre 1403 officiò la sua prima messa e
pronunciò la sua prima omelia. Da
quel che si attesta, papa
Onorio III consegnò
proprio nelle
mani di
San Francesco il convento,
documentando con tale atto la presenza del santo in territorio
seggianese.
Di
questo
edificio,
oggi non
rimane quasi
più
nulla
ma l'area
intorno
potrebbe essere comunque oggetto di attenzione dai geocachers.
Il
convento divenne
residenza
successiva di un
altro
frate
francescano famoso,
il beato
Filippo da Seggiano,
noto predicatore nelle zone di Montalcino, amico intimo
dello
stesso San Francesco e di Sant'Antonio da Padova.
Amicizie sostanziali e degne di nota. A
Seggiano visse anche un altro singolare frate, Onofrio
da Seggiano,
maestro del
francescano
San Giovanni da Capestrano,
profeta, rabdomante,
ingegnere
di
opere idrauliche, amante
del saio.
San Francesco aveva dato isruzioni chiare nelle sue regole
sull'abbigliamento da indossare. I
vestiti che
gli donavano
i ricchi, preferiva
darli
ai poveri e non
tenerli
per
sé.
Il
suo
era
un saio fatto di semplice
sacco
ruvido
di colore marrone-grigio,
a forma di
"Tau", cioè di "T". Quando
si strappava, Santa Chiara glielo
rammendava e
aggiungeva pezzi
del suo stesso
mantello
dove lo
riteneva
più liso,
come si evince dai due
ancora
conservati
ad Assisi
e a
La Verna.
A
volte,
invece, lo
riparava lui stesso con cortecce di alberi o pianticelle.
Generalmente
lo teneva legato in
vita tramite
una corda che gli faceva da cintura, caratterizzata
da tre
nodi
simbolici.
Se
sentiva freddo, ci aggiungeva
un
pezzo di pelliccia di volpe
e
il cappuccio per ripararsi come
"sorella allodola",
ma
non
doveva mai
essere
eccessivamente
lungo, usanza
più da
ricchi
e nobili.
Se
proprio
necessario si potevano indossare sandali (lui stesso alla fine della
vita usò delle babbucce).
Un abbigliamento austero, che Onofrio da Seggiano non disdegnava,
e che di certo non prevedeva tasconi per GPS.
Un
altro beato locale
del 1220,
il beato
Guido
da Selvena,
frate
francescano
vissuto tra il 1220
e il 1287-88
tra Montalcino (SI) e il convento del Colombaio a Seggiano, amico
anche
lui di
San Francesco, aveva
come dono quello di saper organizzare delle vere e proprie
animazioni
omiletiche
per
le folle. Inoltre
amava
molto gli animali:
fece
amicizia con un gatto che
gli procacciava uccellini da mangiare e che
gli
stette vicino fino
alla morte.
In entrambi gli aspetti assomigliava a San Francesco, universalmente
ritenuto amante degli
animali:
tortore,
fagiani,
usignoli,
aquile, corvi, cicale, agnellini, lupi, pesci,
erano
amici suoi, gli obbedivano e lo coccolavano. Un
falco
lo
risvegliava
con
garbo ogni
mattina al posto della suoneria
dei moderni cellulari.
Le
rondini si zittivano dietro sua richiesta, come riporta il capitolo
XVI dei Fioretti. Le
formiche si spostavano
dai
tronchi dove lui
riposava.
Le api gli regalavano miele. Quando
morì, attorno a lui volteggiavano
allodole
ad
accompagnarne la salma. Nessuno
di quegli animali era dotato di un collarino di localizzazione, ma
sono ricordati per trasmissione orale o scritta, meglio di tante
altre storie.
La
città di Grosseto non
conserva
luoghi
direttamente fondati da San Francesco,
ma alla
fine del Duecento
venne
allestito un
convento
francescano e uno
clarissiano
nel
convento di San Fortunato
(San Francesco), abbandonato
dai benedettini;
e nel 1621 fu consacrata l'attuale chiesa di San Francesco a fianco
ad essi.
Di
epoca più tardiva
rispetto ai due conventi sopra citati,
vi
sono
quelli
di Gavorrano, Scarlino, Montorsaio. In
quello di Scarlino, in particolare,
denominato convento di Monte di Muro esiste già una mappatura
geocache,
con
la cache
"situata in uno dei primi ruderi", spiega il sito. In quel
luogo vissero due
noti
frati
francescani. Si tratta del beato
Tommaso Bellacci da Firenze (o
da Scarlino),
frate
minore osservante
vissuto dal
1370
al 1447,
e
del suo amico e seguace eremita
Gaspare,
morto nel 1477. Quest'ultimo,
oltre ad essere ricordato per l'austerità di vita (mangiava solo
pane ed erbe aromatiche), era sempre circondato da uccellini
selvatici e addolciva i lupi feroci: come non ricordare il famoso
episodio del lupo ammansito da San Francesco, riportato nel
capitolo XXI dei Fioretti.
Tommaso
Bellacci da Firenze
è da associare ad alri episodi noti di San Francesco, in particolare
al suo incontro con il sultano
al-Malik
al-Kāmil,
avvenuto nel
1219 a
Damietta in
Egitto,
durante
una crociata.
Il
sultano era musulmano
e secondo alcune fonti San Francesco fu torturato e poi rilasciato;
secondo altri,
si incontrarono e si misero a parlare pacificamente, tanto che alla
fine il sovrano non voleva che lui se ne andasse.
Anche
Tommaso
Bellacci
fu
a capo della delegazione
che si recò tra Siria ed Egitto prima al fianco e poi al posto di
Alberto di Sarteano
e come
accadde a San Francesco,
fu
molto apprezzato come missionario dal sultano d'Egitto
dell'epoca.
Un
altro
beato, Antonio
di Massa Marittima,
frate francescano
minore
divenuto
vescovo di Massa
Marittima nel 1430
e
morto
nel 1435, fece viaggi di dialogo missionario in
qualità di predicatore
apostolico.
La
sua ostilità
contro San Bernardino da Siena, aleggia attorno alla sua figura.
Per contro, fu
più
volte nunzio
e paciere
a Costantinopoli, in area greca e in area turca, tentando di
dirimerne le varie controversie,
viste le sue doti da bravo oratore. Non
ebbe però
sufficiente
fortuna
come
i
primi due, e
alla
fine della vita si
limitò a rientrare in sede
presso Massa Marittima,
occupandosi solo
di
riorganizzare la rubrica dell'Ufficio Divino, da fine conoscitore dei
codici classici.
Se
i due centri di maggiore espansione
francescana furono dunque Massa Marittima e il Colombano di Seggiano,
ai quali si aggiunse presto
anche Scarlino, solo a partire dal 1700 rifulsero figure collocabili
nell'area sud della Maremma grossetana. Si
tratta di tre donne. La prima è Maria
Maddalena dell'Incarnazione
(1770-1824),
che
dopo
aver visto
Gesù riflesso nello specchio
si
svincolò
dalla
promessa di fidanzamento e decise
di farsi suora. San
Francesco stesso
si
specchiava in Dio, i frati in lui (lo chiamavano "specchio di
perfezione"), e lui guardava Dio, la natura e Santa Chiara.
Questa
monaca terziaria regolare, si chiamava in
realtà Caterina
Sordini, ed era stata
una giovane vivace
di Monte Argentario,
anche lei legata a vicende di preghiera sotto un leccio di Cala
Grande o alla corsa in mezzo ai lupi per raggiungere un ciliegio
carico di frutti.
Il
suo carisma da fondatrice le permise di fondare
le "Adoratrici
Perpetue del Santissimo Sacramento"
ed oggi è beata.
Un'altra
suora
francescana di Castell'Azzara, Teresa
Mastacchini, prese i voti con il nome di suor
Maria
Lilia
di
Gesù Crocifisso.
La sua peculiarità fu quella di poter parlare con
gli angeli e
saper
leggere i pensieri delle
persone.
Fondò
la congregazione delle "Pie Operaie". Ebbe
in dono le
stimmate sulle mani e sui piedi.
In
questo, si affianca a San Francesco che il 14 o il 15 settembre 1224,
mentre si recava al monte La Verna assieme al suo amico frate Leone,
vide scendere dal cielo un angelo serafino (dotato di sei ali) e
subito dopo ricevette le stimmate. Successivamente,
nel
1216,
presso la chiesetta di Santa Maria degli Angeli (la Porziuncola),
vide non un solo serafino, ma un intero coro angelico in
accompagnamento alla Madonna che gli apparve improvvisamente.
Anche
Veronica
Nucci di Sorano
(1841-1862), una ragazza pastorella della nostra provincia, vide
la
Madonna il
19 maggio 1853 a Cerreto di Sorano;
da quel momento decise di dedicare la sua vita a Dio e divenne
francescana
con il nome di suor Veronica di Maria Addolorata.
Qualche
tempo dopo,
gli abitanti del posto iniziarono
la costruzione di una
chiesa sul
luogo dell'apparizione, meta tutt'oggi
di
pellegrinaggi,
custodita da suore carmelitane.
San
Francesco si è dunque
mosso
sul suolo grossetano, tra le vie pellegrine, tra i boschi e le rupi.
Difficile stabilire con esattezza tutto ciò che fece e tutto ciò
che sfiorò. Sicuramente non era dotato dei moderni sistemi di
tracciatura, nè ufficiali
e scientifici,
nè per divertenti games
turistico-naturalistici.
Ma certamente la sua eredità spirituale aleggia ancora in tutti i
luoghi della nostra provincia.
Sono più fortunati
i moderni viandanti.
Esistono
dappertutto
libri
cartacei per le firme dei visitatori,
anche dove il cellulare e GoogleMaps non riceve
segnale:
se non si
risolve il games
delle coordinate o il GPS non funziona, se non si
trovano
geocache
e
logbook
da firmare, si possono fissare lì i
segni
documentali
del proprio vagabondaggio,
in
nobile
aiuto
per gli storici futuri
che volessero
avventurarsi a
scrivere le nostre peripezie esistenziali moderne,
chissà quanto interessanti per le generazioni future.
Tìndara
Rasi
FRANCESCANI
DI GROSSETO
Beato
Ambrogio da Massa,
frate minore, Massa Marittima (GR), morto nel 1240,
che visse lì con con il
Beato
Morico
e il beato Giacomo
da Massa;
Beato
Filippo da Seggiano,
frate francescano, Seggiano (GR),1203-1290;
Beato
Guido da Sevena,
frate francescano, Selvena (GR),1220- 1287-88;
Onofrio
da Seggiano,
indossò il saio francescano per tutta la vita, Seggiano (GR),
1200circa;
Beato
Tommaso Bellacci da Firenze,
frate minore osservante, Scarlino (GR), 1370-1447;
San
Bernardino da Siena,
Ordine dei frati minori francescani, Massa Marittima (GR), 1380-1444;
Beato
Antonio di Massa Marittima,
frate minore, Massa Marittima (GR), morto nel 1435;
Frate
Gaspare da Firenze,
eremita e frate minore francescano, Scarlino (GR), morto nel 1477;
Beato
Andrea di Montorsaio,
francescano, Montorsaio (GR), XV secolo circa;
Beata
Maria Maddalena dell'Incarnazione (Caterina Sordini),
terziaria francescana, Monte Argentario (GR), 1770-1824;
Veronica
Nucci, clarissa
francescana,
Cerreto di Sorano (GR), 1841-1862;
Suor
Maria Lilia (Teresa) Mastacchini,
terziaria francescana, Castell'Azzara (GR), 1892-1926.
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