LA
STORIA DI PALO DE HORMIGO
di
Rigoberta Menchù
Il
signor Palo de Hormigo si svegliò triste. Non c'era ragione di
esserlo. Il mattino era splendido, gli altri alberi si stiracchiavano
contenti delle loro foglie e dei loro rami, gli scoiattoli saltavano
d un ramo all'altro, gli uccelli annunciavano il sole e prima
dell'alba stavano già cantando, come se fosse festa tutti i giorni.
Il signor Palo de Hormigo non aveva ragione di essere triste eppure
si svegliò triste.
Il
Palo de Hormigo è un albero robusto: grosso, frondoso, con foglie
verdissime e, soprattutto, con un legno duro, duro, duro. Il legno
più duro del bosco. Il picchio arriva con il suo becco esperto
nell'aprire buchi in tutti gli alberi e, dopo aver tentato di fare il
suo nido nel signor Hormigo, rimaneva con il becco che sembrava una
molla. Era un albero duro e solido. Forse per questo dava la
sensazione di proteggere tutti gli uccelli. E allora gli uccelli
arrivavano, tutti gli uccelli del bosco, i sanates, i
cenzontles, gli uccelli canterini, i guardabarranca, i
passeri, tutti gli uccelli arrivavano, si appoggiavano sui rami
dell'Hormigo e si mettevano a cantare le loro canzoni antiche,
antiche come il mondo. Avvenne quindi che la musica degli uccelli
cominciò a penetrare nelle foglie, nei rami, nella linfa del signor
Hormigo, fino a raggiungere il suo cuore. Quanto più gli uccelli
cantavano, tanto più il signor Hormigo si riempiva di musica,
esplodeva di musica, la musica gli sprizzava dal cuore.
cercò
di cantare, ma non ci riuscì. Non aveva la bocca degli uomini, né
il becco degli uccelli. Si rese conto che tutto l''universo cantava:
i mari ruggivano quando erano agitati, e poi la spuma delle loro
acque andava a frangersi sulle spiagge con un sospiro tonante; il
vento passava fra i rami degli alberi e si diceva che sussurrasse; i
precipizi rispondevano con l'eco ogni volta che qualcuno li chiamava;
i ruscelli dicevano cose incomprensibili, mentre saltavano da una
pietra all'altra; le caverne sulle montagne ululavano, e perfino
altri alberi fischiavano. Il signor Hormigo si rese conto che anche
tutti gli altri animali cantavano: ruggivano i giaguari e gli
zaraguates, i lupi e i coyote ululavano, le scimmie gridavano
e, in generale, ognuno si sfogava a più non posso. Il signor Hormigo
riconobbe che il Cuore del Cielo e il Cuore della Terra avevano
creato un mondo sonoro. E solo lui, che era sul punto di scoppiare
dalla voglia di dire qualcosa, rimaneva muto in mezzo alla foresta!
Per
questo il signor Palo de Hormigo si svegliò triste.
«Non
ti basta che il vento fischi tra le tue foglie?», gli domandò uno
scoiattolo.
«No,
non mi basta», rispose, «voglio lo stesso dono della musica che
hanno gli animali, i ruscelli e i fiumi.»
Sapeva
bene che quello era il destino degli alberi, ma voleva cantare per
emettere dalle sue viscere tutti i trilli che gli uccelli gli avevano
regalato nel corso della sua vita. Per questo sospirava tristemente.
Aveva una malattia che si chiamava malinconia: è la malattia di un
sogno, di un desiderio, di una nostalgia. La cosa peggiore fu che la
malattia della nostalgia divenne contagiosa. All'improvviso gli
uccelli, che vivevano sui rami del signor Hormigo, smisero di
cantare. Anche loro erano tristi, e invece di cantare, emettevano
lunghi sospiri, come se avessero perso le forze. E agli uccelli degli
alberi vicini, sconcertati, succedeva che ogni volta che volevano
fare un trillo o un grido, usciva solo un profondo avvilimento, come
se il loro cuore fosse finito nell'angolo più oscuro dell'abisso e
non riuscissero a trovare l'energia per andare a cercarlo. E il male
si andò estendendo a tutti gli uccelli, e dagli uccelli agli altri
animali. I cani non abbaiavano più, lanciavano solo i loro famosi
sguardi pieni di tristezza. Le scimmie non gridavano, chinavano il
capo e il loro sguardo si perdeva all'orizzonte. E così tutti gli
animali, e dagli animali la malattia della nostalgia passò ai
ruscelli, che smisero di mormorare, e ai mari, che rimasero calmi
come se non ci fosse vento, e ai venti, che smisero di fischiare, e
ai leoni, che non facevano più i loro terribili sbadigli. Di colpo
il mondo rimase muto. Il mondo divenne sordo.
E
il Cuore del Cielo e il Cuore della Terra udirono quel grande
silenzio dilagare nell'Universo.
«Che
cosa è successo?» si domandarono. «Che cos'è questo silenzio che
stiamo ascoltando? Perché c'è così tanta tristezza nel mondo?»
Lo
domandarono alle colline e ai fiumi e questi risposero: «Signori,
sicuramente il vento lo sa». Lo domandarono al vento, e questi con
umiltà disse: «Padre e Madre, il motivo per cui tutti gli animali
dell'acqua, della terra e dell'aria stanno zitti è la malinconia. Se
la sono passata l'uno all'altro finché si è estesa per ogni dove.
Ma l'origine di tutto, l'inizio di questa tragedia ha luogo nel cuor
della foresta, con la tristezza che ha pervaso il Palo de Hormigo».
Allora
il Cuore del Cielo e il Cuore della Terra andarono dal signor Palo de
Hormigo e gli domandarono che cosa gli stesse succedendo.
«Padre
e Madre», rispose l'Hormigo, «perdonatemi per aver contagiato tutto
l'universo con la mia malinconia. Succede che con gli anni mi sono
impregnato così tanto di musica che non mi basta più il semplice
fischio che il vento produce quando passa tra le mie foglie.»
«Padre
e Madre: voglio cantare, ho bisogno di tirar fuori tutta la forza
della musica che vive dentro di me!»Questo disse il signor Hormigo
al Cuore del Cielo e al Cuore della Terra.
Il
Cuore della Terra, la Madre Natura, rispose all'Hormigo: «Figlio
mio, non essere più triste» gli disse, «tu sai che ogni essere
della creazione ha un compito da svolgere per raggiungere l'armonia».
E aggiunse: «Sai anche che a ognuno è stato assegnato un modo
diverso per dire al mondo quello che prova. Gli alberi devono
fischiare con l'aiuto del vento, così come le caverne devono ululare
e i fiumi e i ruscelli cantare».
La
Madre continuò: «Tuttavia, la tua tristezza ci ha commosso.
Consulteremo Nonno Sole e Nonna Luna e domani, all'alba, verrà un
quetzal dalle piume brillanti a posarsi sul più alto dei tuoi
rami e ti dirà all'orecchio il messaggio dei Nonni». I Genitori si
congedarono dall'Hormigo dicendogli: «Non essere più triste, figlio
caro, voglio vedere di nuovo la tua allegria affinché tutti gli
animali dell'aria, dell'acqua e della terra tornino a riempire con i
loro suoni i quattro angoli dell'universo».
Il
giorno dopo, con i primi bagliori di luce, comparve un quetzal
dalle piume verdi e lucenti. Si posò sulla parte più alta
dell'Hormigo e iniziò a trasmettere il suo messaggio. «Nonna Luna
ha dato il suo parere», disse il quetzal, «e ti manda un
acquazzone di polvere di giada che ti lavi via la malinconia che ha
ammalato le tue radici, il tuo tronco, i tuoi rami e le tue foglie.
D'ora in poi contagerai allegria e voglia di vivere dalle viscere
della foresta. Il tuo seme si estenderà ai boschi e migliaia di
Palos de Hormigo popoleranno la terra.» Il quetzal prese
fiato e proseguì dicendo: «Nonna Luna ha sentenziato che il destino
degli alberi è fischiare con il vento e che cantare non appartiene
alla loro natura. Tuttavia, commossa dalla tua tristezza, la Nonna ti
ha concesso il dono della musica e mi ha raccomandato di spiegarti
quanto accadrà in futuro».
Il
quetzal ripeté le parole della Nonna: «Gli uomini di mais
saranno creati per popolare la terra e onorare il nome dei loro
genitori e dei loro Nonni. Gli uomini di mais saranno saggi e
impareranno a far produrre la terra e a coltivare le scienze e le
arti. Le donne e gli uomini porteranno nel loro spirito il dono della
musica, lo stesso che ti abbiamo concesso, Palo de Hormigo». Il
quetzal continuò dicendo: «L'uomo di mais scoprirà che nel
tuo legno, Palo de Hormigo, è concentrato lo spirito del canto degli
uccelli. Quando l'avrà scoperto, taglierà il tuo legno in strisce
lunghe, e le chiamerà tavolette, e quelle tavolette, percosse da una
bacchetta di legno con una pallina di caucciù sulla punta,
produrranno il suono più puro, la musica più gradevole
dell'universo, e tutte le tavolette messe assieme, legate, e suonate
sulle grandi zucche secche, popoleranno l'aria della montagna con la
stessa armonia della pioggia nei pomeriggi tranquilli, o con la
soavità dei ruscelli che scendono dalle montagne, o con il chiasso
mattutino degli uccelli. Lo strumento che gli uomini fabbricheranno
per estrarre la musica che si trova nelle tue viscere si chiamerà
marimba, e farà la gioia delle orecchie della gente nelle
feste e nei balli, nei momenti di riposo e di riflessione. Solo così
uscirà da te tutta la musica che custodisci come un tesoro».
In
tal modo, il signor Palo de Hormigo si trasformò in marimba. Da
quando gli uomini di mais sono stati creati, ricavano dal suo spirito
il dono della musica che gli è stato dato dai creatori, dagli
artefici. Avevano sempre saputo che nelle viscere del Palo de Hormigo
c'era la musica che avrebbe rallegrato le loro feste e gli avrebbe
insegnato a ballare: la musica che avrebbe potuto anche accompagnare
le loro tristezze, per ricordare il tempo in cui il Palo de Hormigo
si era ammalato di malinconia.
Queste
sono le storie che mi raccontava la Nonna, le storie che mi
raccontava il Nonno. Ve le racconto così come mi sono state
raccontate. Sono storie antiche come il mondo, da ascoltare di notte,
intorno al fuoco, un attimo prima di chiudere gli occhi e
incominciare a sognare.
"La
storia di Palo de Hormigo" si trova nel libro "Il vaso di
miele", contenuto nella raccolta "IL MAGICO MONDO DI
CHIMEL. STORIE DI UNA BAMBINA MAYA", di Rigoberta Menchù
(pacifista guatemalteca, Premio Nobel per la Pace nel 1992), con
Dante Liano, Ed. Sperling&Kupfer, 2005
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