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sabato 2 aprile 2016




UBIQUITOUS COMPUTING 





Fu Mark Weiser a coniare il termine "ubiquitous computing", attorno al 1988, durante la docenza come Chief Technologist (Ingegnere capo), presso il Palo Alto Research Center (PARC, Centro di Ricerca di Palo Alto) della Xerox.

Sia da solo che assieme a John Seely Brown, Weiser scrisse alcuni articoli che rappresentano i primi documenti sull'argomento, definendone gran parte della disciplina e delineando i suoi principali interessi e dubbi in proposito.

Opposto al paradigma del desktop (letteralmente: «scrivania»), in cui un utente individuale aziona consciamente una singola apparecchiatura per uno scopo specifico, chi "utilizza" lo ubiquitous computing aziona diversi sistemi e apparecchiature di calcolo simultaneamente, nel corso di normali attività, e può anche non essere cosciente del fatto che questi macchinari stiano compiendo le proprie azioni e operazioni. Questo paradigma viene descritto anche come calcolo pervasivointelligenza ambientale o, più di recente, ovunque' (oppure, utilizzando il corrispondente termine inglese,everywhere). Quando riguarda principalmente gli oggetti coinvolti, è anche detto calcolo fisicoInternet of Things (letteralmente: Internet delle cose), haptic computing (letteralmente: calcolo tattile) e cose che pensano


L'ubicomp comprende un'ampia gamma di argomenti di ricerca, tra cui il calcolo distribuito, il mobile computing, i Wireless Sensor Network (o WSN), l'interfaccia uomo-macchinae l'intelligenza artificiale. Un'introduzione a questo particolare campo informatico, adatta a un pubblico generico, è rappresentata dal libro di Adam Greenfield Everyware: The Dawning Age of Ubiquitous Computing,in cui Greenfield descrive il paradigma d'interazione dello ubiquitous computing come "elaborazione di informazione che si dissolve in comportamento".


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