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lunedì 31 dicembre 2018

PREDESTINATI AL CERCHIO D'ORO

di  Tindara Rasi

Copyright © Tindara Rasi

Ci sono personaggi importanti, tra le agiografie trattate nella seconda ristampa di "La santità nella Maremma Grossetana. Santi, Beati, Venerabili, Eremiti", di José De La Torre e Tìndara Rasi. In particolar modo i fondatori e le fondatrici: religiosi, suore e sacerdoti che hanno dedicato una vita intera alle cause di Dio. Hanno avuto tempo, hanno avuto "mestiere", hanno avuto studio e azioni orientate esclusivamente a ciò. Beato Andrea Gallerani (Frati della Misericordia); Angelo da Portasole (Compagnia dei Disciplinati); San Guglielmo di Malavalle (Guglielmiti); Suor Maria Lilia Mastacchini (Pie Operaie); Beata Maria Maddalena dell'Incarnazione (Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento); San Paolo della Croce (Passionisti); don Zeno Saltini (Nomadelfia).
Ma ci sono due categorie socio-teologiche che mi appassionano maggiormente.
I giovani.
E i laici.
I primi perchè sono "santificati" ovviamente, quasi esclusivamente, da altri, che ne hanno mantenuto e valorizzato il ricordo. Non si sono fatti da sè: li hanno fatti "santi" gli altri, oltre che sè. Il Sinodo dei Giovani nel 2018 ha riacceso i riflettori su questa categoria sociale e antropologica, ma già dal Concilio Vaticano II ( 1962-1965), la posizione ecclesiale è fattivamente orientata.
I secondi, i laici, mi interpellano perchè hanno saputo essere "santi" senza puntare a ciò. Non che i religiosi puntino a ciò; ma è un desiderio insito nella stessa professione religiosa, arrivare alla beatificazione e alla canonizzazione. Ci sono ciarlatani con evidenti difficoltà spirituali, che non hanno desiderio di chiesa, di comunità, di santità. Usano la "pedagogia nera" (cfr. la psicoterapeuta Alice Miller) come via apicale del cammino altrui, costringendo a una mistica apofatica non voluta. Macerano la chiesa, anzicchè santificarla, spengono le fiamme del loro stesso ordine sacro, coercizzano la fede, partendo dal popolo di Dio che "gestiscono", per arrivare perfino a se stessi. Però ce ne sono, di contro, molti altri che invece affidano alla perfezione di ogni loro aspetto, il desiderio di santificazione più alto e sublime. Sono "santuari" veri, tra tanti religiosi e consacrati approssimativi. Odorano di pienezza sacra, perchè vivono in pienezza la tensione all'Altro da sè. I laici, invece, questo desiderio del "farsi santi" non lo vivono, non lo possono vivere, come pienezza di "tendenza a". A differenza dei religiosi, dei sacerdoti, dei consacrati, hanno impegni che li "rubano", che li portano via alla santificazione di sè. E, dunque, riuscire a centrare questo dato, pur tra mille impegni, è eroicità, è virtù vera. Sono "feriali", non "festivi". Ma proprio per questo, doppiamente eroici. Quando superano la diffidenza di vescovi, che accertano fumus boni iuris solo pro eletti indubitabili - molto spesso dunque solo pro religiosi - si grida al doppio miracolo.
Se è forse più facile, in caso di giovani santi, proprio perchè morire cristianamente in giovane età, già di per sè è suscettibile di pietà umana e dunque di beatificazione, difficile lo è per quanto riguarda i laici, e soprattutto, le laiche. Eppure sono loro che "salvano dalla mediocrità" la Chiesa, disse Giovanni Paolo II a Lucca, il 23 settembre 1989. Tabernacoli divini, lo siamo tutti.
Mi piace ricordare testimoni laici maremmani come: Bettina da Castell'Azzara, laica e morta giovane a 21 anni; San Feriolo, un soldato, dunque non un religioso, giovane martire in terra Toscana; Sant'Ansano, morto a 19, 20 anni anche lui da martire; Beata Libertesca, ragazzina morta di freddo sotto un albero mentre pascolava il gregge; Norma Pratelli Parenti, laica e battagliera, uccisa a 21 anni; Ruffino da Batignano, laico con l'amore verso il vestito sacro, il saio da fraticello. Anche alcuni "religiosi" sono morti giovanissimi: San Lorenzo, importato devozionalmente da Roma a Grosseto; Beato Luca del Teglia, morto a 39 anni da agostiniano con tanto di "patente" di romita; Veronica Nucci, morta a 21 anni, dopo essersi fatta suora in seguito all'apparizione della Madonna al Cerreto di Sorano; suor Maria Lilia Mastacchini, fondatrice delle Pie Operaie, morta a soli 33 anni. Santa Felicissima è certamente martire, ma morta non si sa a che età. Flora e Lucilla lo stesso. Giacomo Papocchi, laico murato vivo come eremita per espiare i propri delitti di giovincello, morì invece anziano.
Laici e giovani, laici e meno giovani, tuttavia, non sono in "contrapposizione" con chi ha scelto la vita religiosa. Ma certamente di laici santificati ve ne è una percentuale molto inferiore. Di laiche donne santificate, poi, c'è una incidenza e casistica bassisima.
Eppure il viaggio verso il mistero di ogni "divino fuorilegge" (Giorgio Gonella), ha un'epicità assoluta e "personalissima". C'è chi fa l'eremita: vedi Giacomo Papocchi che visse in una cella a Montieri; San Guglielmo di Malavalle, nascosto tra le paludi maremmane; San Mamiliano, nella grotta di Monte Fortezza a Montecristo; San Cerbone, fuggito all'Isola D'Elba. C'è chi preferisce la dimensione comunitaria, vivendo da monaco, da frate, da religioso tra religiosi. C'è chi non vive senza amici: Padre Antonio Tommasini con Giovanni Battista Petracelli che lo accudì fin sul suo letto di morte; Flora e Lucilla, sorelle in fuga a due; Frate Gaspare da Firenze con Beato Tommaso da Scarlino; Guglielmo di Malavalle con Alberto; Regolo, Cerbone e Felice, Fiorenzo e Giusto, Clemente e Ottaviano in gruppo.
Non c'è una via unica, per essere definibili e titolati "santi". Non può essere esclusa nessuna forma di vita, dalla santità conclamata. Il nido sicuro va rotto. Anche l'amicizia può santificare, cristificare. Anche la vita di coppia. Anche l'eremitaggio. Anche l'appartenenza sicura e incoraggiante della fratellanza monastica. Anche la rivoluzione testimoniale e viaggiante, fino al martirio della propria esistenza. Anche l'essere fanciulli e fanciulle. Anche l'essere donne.
Xeniteia è la scelta mistica di fuggire dal mondo, dalla propria "zona comfort", andando in un luogo che non si conosce, un altro Stato, un'altra terra, con altri usi e costumi, per cercare il silenzio divino, per cercare la via alla propria santità personale. Ma xeniteia, "farsi straniero", per me è tutto ciò che esula dal modello preconfezionato. Lì si annida la vera santità. Anche se la chiesa ufficiale non proclama libertà di azione, ma ortodossia ferrea, rispecchiante normative da Dicastero per la Causa dei Santi precise e puntuali, non svincolabili, il/la vero/a santo/a è un assoluto unicum, che trasporta in sè ciò che gli altri vedono in lui/lei, ciò che gli altri donano a lui/lei. Non ci si salva mai da soli, ma per specchio riflesso degli altri. E, ovviamente, dell'Altro. Non ci si fa santi da soli. Ci si fa santi negli altri per gli altri. E ovviamente, per l'Altro. E questo non può avere nessuna gabbia d'azione, nessuna legge definitoria, nessun numero di protocollo documentale. Solo un'unica "formalità": la Carità con la quale si decide di spendersi in vita, per splendere di perfezione e somma deitate nel rimando eterno che ci appartiene di diritto.
Copyright © Tindara Rasi

domenica 30 dicembre 2018

GIOVANNA MULAS, NOTA BIOGRAFICA
(a cura di Stefania Ariu)

Regalatemi il Mare
per conoscere l'Uomo.
Io sono il Mare.

Giovanna Mulas (Nuoro, 1969) scrittrice, poetessa, pittrice. Vincitrice di 58 Primi Premi Letterari Internazionali, pluriaccademica al merito, Nominations. Tradotta in 5 lingue dirige la rivista di letteratura online Isola Nera (in lingua italiana) e Isola Niedda (in lingua sarda), consigliate UNESCO e diffuse nel mondo, fondate sul format originale Isla Negra, in lingua spagnola, curato dal marito Gabriel Impaglione, poeta argentino. 

Candidata al Premio Nobel per la letteratura


Giovanna Mulas nasce a Nuoro il 6 maggio del 1969 da Paolo Mulas, impiegato alle poste e Paola Abis, infermiera. Ha un fratello, Antonio, minore di lei di quattro anni. Cresce nel "Monte Gurtei", zona difficile della città, compie gli studi ad indirizzo tecnico, si specializza come stilista di moda e figurinista, dipinge, scrive in sordina come ha sempre fatto dall’età di dieci anni. La psicolabilità della madre, già cagionevole in salute, si accentua. Vince una borsa di studio che la porta a Roma a lavorare per i laboratori stilistico sartoriali Moschino. L’ambiente lavorativo settoriale non la soddisfa, decide di tornare in Sardegna. Impiego nel commercio. Conosce G. Antonio Collari, lo sposa. E’ il 1991. Dall’unione nascono Fabio, Noemi, Roberto ed Emanuele. E’ il momento in cui la passione per la pittura cresce, nascono "Paesaggi marini sardi", "Autoritratto", "Studio di bambina al gioco". Occupazioni nel settore commerciale ed assicurativo, nel frattempo la Mulas continua a scrivere, vince il primo Premio letterario (ne seguiranno altri cinquantuno) che apre le porte per la pubblicazione a "Passaggi per L’Anima" nel 1994. Il libro è accolto tiepidamente dal pubblico, la critica è benevola, il saggista inglese S. Wood definisce la Mulas "talento allo stato puro". Harald Kahnemann dell’agenzia letteraria Eulama le propone una scrittura per la traduzione delle opere all’estero; la scrittrice stringe col Kahnemann un’amicizia che si protrae negli anni. Vengono pubblicati "La Musa" e "Barchette di Carta", il saggio "Le lettere e le Arti". Dipinge "Fiore Donna" e "Dentro". Si dedica alla critica letteraria, al giornalismo specializzato. E’ il 1999, diviene pluriaccademica al merito, socio, delegato, presidente onorario di Associazioni della cultura nazionali ed estere. Suoi racconti vengono tradotti in Francia, Germania, Spagna. Conosce Peter Irwin Russell e nasce un intensa amicizia. La scrittrice si batterà a lungo per fargli ottenere la cittadinanza italiana e relativi favoritismi socio economici che la legge comporta. Il forte rapporto epistolare dura fino alla morte del poeta. La Mulas pubblica le sillogi poetiche "Come le foglie", "Canticum Praesagum" e "Dei Versi", il romanzo "La stanza degli specchi". Di seguito "Il tempo di un’estate". Nel 2001 la separazione dal marito e, da questo, tre tentativi di omicidio. L’ultimo, per strangolamento ed accoltellamento la vede viva ma debilitata nel fisico e lo spirito. E’ il periodo che l’ Autrice definirà "del buio", della profonda depressione, della crisi artistica e intima. Si lega allo scrittore Gavino Ledda; l’unione, travagliata per entrambi, durerà fino al 2003. [Si risposa con Gabriel Impaglione, poeta argentino.] Schiva e riservata (-Dev’essere il libro, a parlare, non l’autore-), comincia a lavorare a sceneggiature destinate alla fiction tedesca. La rivista milanese "Luna" rientra l’Autrice tra le 3000 "Beatrici", donne più potenti d’Italia. La scrittrice pubblica "Lughe de Chelu (e Jenna de bentu)", ed è la ‘luce’; lo stile è nuovo, potente e sofferto, maturo. E’ opera, come la stessa autrice dichiarerà, parzialmente autobiografica. Viaggi (-… Fin quanto è possibile viaggiare, con quattro bambini da crescere-), frequentazioni nei salotti letterari nazionali ed esteri. Scrive, per sostenerne la causa, le prefazioni dei tre libri-verità di Evelino Loi, ex detenuto e presidente dell’associazione nazionale detenuti non violenti. Pubblica la raccolta di racconti "Il rumore degli alberi", contemporaneamente termina la sceneggiatura omonima. Termina la stesura di "Mater Doloris", di prossima pubblicazione per l’Istituto Italiano di Cultura. MAG- The Muse Apprentice Guild statunitense inserisce la scrittrice fra i sei fuoriclasse della letteratura mondiale e pubblica "In the Highest part of the sky", (nella parte più alta del cielo), "The Phoenix" (La fenice), "Seminatori di stelle" e, a puntate, il romanzo "Mater Doloris". TRANSFERENCE del Regno Unito pubblica della Mulas ‘La Condizione Femminile nella Grecia di Pericle’. Nomination al Nobel per la letteratura.
(Articolo di Stefania Ariu)

Atre note:
Membro onorario della Giornalisti Specializzati Associati (GSA)
Designata al Titolo Onorifico di Dama dall' OSJ Ordine Cavalleresco dei Cavalieri di Malta
Tradotta in 5 lingue

Autrice di:
Passaggi per l’anima, romanzo, (Montedit, 1998)
La Musa, Novella, (Montedit, 1998)
Barchette di carta, racconti, (Montedit, 1998)
Il Tempo di un’Estate, romanzo (Firenze Libri, 1998)
Il rumore degli Alberi, Novella, (La Conca, 1999)
Dei Versi, Poesia (ALI, MI, 2000)
Canticum Praesagum, poesia (ALI, MI, 2000)
In Our Own Words, poesia, (Marlow Peerse Weaver, USA, 2000)
La Stanza degli Specchi, saggistica (Metatron, USA, 2000)
Lughe de Chelu e Jenna de bentu, autobiografia romanzata (pubblicato da Bastogi in I e II Edizione, 2003, ristampato da Neuma Ed. nel 2010, ripreso e Pubblicato da La Case per gli States nel 2012 )
A Silent Refuge, poesia (El Taller del Poeta, España, 2003)
Racconti Fantastici, d’Amore e di Morte, racconti, scritto a quattro mani con Gabriel Impaglione (El Taller del Poeta, España, 2004)
Mater Doloris, romanzo (UNIService Editrice, 2004)
Delle Trascorse Stagioni, romanzo (UNIService Editrice, 2004)
Penelope che parlava alle Pietre, saggistica (UNIService Editrice, 2006)
Domo del viento –cartas de amor all’essenza di Rosa, romanzo (Il Melograno, 2007)
Acta Est Fabula, romanzo (Palomar Ed., 2008)
El tiempo de un Verano, romanzo (Ayeshalibros, Argentina, 2009)
Pot Pourri d’Oltre, estratti della mia letteratura, (Libertà Edizioni, 2009)
Dannati (Caronte), romanzo (Iris Edizioni, 2009)
Storie di Donne, di Lupi, di Amore e Dolore lavato con il sangue, racconti, (Espresso Ed., distr. Feltrinelli Libri, 2010)
Alla Corte dei Miracoli, estratti della mia letteratura (Espresso Ed., distr. Feltrinelli Libri, 2010)
Nemos Deviat Ischire, Neune Deviat intendere, romanzo in lingua sarda (trad. al sardo del poeta e scrittore Prof. Bruno Sini, Espresso Ed., distr. Feltrinelli Libri, 2010)
Nessuno doveva Sapere Nessuno doveva Sentire (accabadora), romanzo (Il Ciliegio-Acco Ed., 2010)
Mandinga, romanzo (Giovane Holden Edizioni, 2010)
Mosaico di Emozioni, racconti, vario. Con collaborazioni del Presidente Emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, Don Mazzi, Tania Cagnotto, Antonio Rossi e altri personaggi della cultura, della politica e dello sport. (Aliberti Editore, 2010)
Di Carne Assente o il Monologo della Candela, monologo teatrale a tema sociale e politico, in quattro atti (Edizioni La Gru, 2011)
Malanimamia, romanzo, scritto a quattro mani con Patrizio Pacioni (Melino Nerella Edizioni, 2011)
Sardinien. Insel und Leute im Frühjahr 1965, per il Maestro della fotografia Alois Ottiger, racconti
(Fink Kunstverlag Josef, Deutschland, 2014)
Di anime, di Pene, racconti (Ferrara publishers, Australia, 2015)
Nocturno Oltre Confine, diario di viaggio in America Latina, Amazzonia, Isole Canarie (Octopus Ed.-Cultura CircumnavigArte, 2015)
Memorie di Villa Pedrini, romanzo (Rupe Mutevole Edizioni, 2015)
Fecondatio Animae, riflessioni, pensieri a tema sociale e politico (Angelo Mazzotta Editore, 2015)
Quella Casa nel Vento, romanzo, (Edizioni Il Viandante, 2015)
Vite Accidentali, raccolta racconti (Les Flaneurs Edizioni, 2016)
Caronte, romanzo (Castelvecchi & Il Seme Bianco, 2017)


sabato 29 dicembre 2018



IL SACRO EXTRA DOCUMENTO




Copyright © Tindara Rasi


"Nonna lo prendeva in braccio perchè bagnasse la mano destra nell'acquasantiera, oppure a volte lo lasciava giù e gliela bagnava lei, inumidendogliela con la sua. "E' acqua benedetta", gli diceva, e Leone si chiedeva chi l'avesse benedetta, se per esempio era arrivato un angelo buono, e quando, e come si riconosceva un'acqua benedetta da una non benedetta. Poi si facevano il segno della croce [...] , Leone sentiva che un po' di quell'acqua santa gli era rimasta sulla fronte, ed era contento. 
Si sentiva benedetto."

"Leone", di Paola Mastrocola, Giulio Einaudi Editore s.p.a. Torino, 2018, pg 112



"La santità nella maremma grossetana. Santi, Beati, Venerabili ed Eremiti" in seconda ristampa nel 2018, scritto da Tìndara Rasi e José P. De La Torre, Editore Effigi, lo conferma: su 40 e passa Santi, Beati, Venerabili, Servi di Dio, Eremiti, ecc., e tralasciando la Madonna, solo 9 "santificate" in terra di Maremma sono donne.
O forse, togliendo Flora e Lucilla, solo 7.
Di queste, una sola è Santa: Santa Felicissima, martire venerata a Sorano e festeggiata il 17 agosto (o il 26 maggio nel martirologio). Le altre due Sante, Flora e Lucilla, martiri festeggiate a Santa Fiora il 29 luglio, sono state infatti tolte dall'elenco dei Santi, considerate più leggenda e frutto di devozione popolare, che realtà storica. Una (o tre Sante), questo è dunque il totale del massimo titolo religioso per le maremmane.
Scendendo di livello "sacro", due sono Beate: Beata Libertesca, festeggiata a Buriano il 12 maggio; e Beata Maria Maddalena dell'Incarnazione (Caterina Sordini), festeggiata a Porto Santo Stefano il 29 novembre, fondatrice delle "Monache Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento".
Serva di Dio, quindi con un processo di canonizzazione avviato dal 2017, ma non ancora chiuso, è invece suor Maria Lilia Mastacchini (Teresa), suora anche lei, fondatrice anche lei, ma delle "Pie Operaie".
Anche Veronica Nucci visse da suora: prese i voti diventando suor Veronica di Maria Addolorata, ma non fu mai nulla di più che colei alla quale apparve la Madonna al Cerreto di Sorano, il 19 maggio 1853, morendo sì in "profumo di santità" ma senza altro titolo, se non quello religioso di "suora".
Tre Sante martiri e due Beate-Serve di Dio religiose acclarate. Il martirio e la vita religiosa sono sempre state una buona carta lasciapassare, per la santità.
L'altra Beata, Libertesca di Buriano, era invece solo una comune, semplice ragazzina, maltrattata e trascurata dalla matrigna, buona d'animo come solo i bambini riescono ad essere. In realtà anche lei era vicina agli ambienti religiosi: si narra che visse da eremita per un certo periodo presso i Guglielmiti, ecco perchè la presero in considerazione tanto da dedicarle una cappella a San Pancrazio al Fango, Buriano, titolandola Beata sebbene non avesse mai preso i voti. Erano tempi tristi, quelli tra il XIV e il XV secolo, ma densi di pietas popolare. Una ragazzina morta di freddo e di solitudine sotto un albero dopo i tanti maltrattamenti e patimenti subìti nella sua breve vita, capace anche da morta di far crescere fiori in mezzo alla malvagità e alla povertà, le ha permesso di non essere seppellita nel dimenticatoio pastoso dei secoli e della realtà locale di quella ristretta zona.
Bettina da Castell'Azzara non ha invece data liturgica, sebbene sia di epoca più recente, 1723-1744, dunque con più documentazione rintracciabile. I frati questuanti di Santa Trinità della Selva e don Cristofaro Bresciani, diffusero da subito le sue immaginette e i suoi reperti miracolosi, definendo anche lei Beata. Di certo era una ragazzina pia e devota, provata dalla sua paralisi a 12 anni, morta precocemente a 21 anni. Una ragazzina che ispirava santità, che, nella sua malattia e sofferenza, splendeva di meriti; ma da passare al setaccio di un cerusico, da documentare vivisezionandola post mortem per trovare tracce certe della sua santità. Urgeva quella vivisezione fisica rispecchiante anche quella reale, morale: per essere sante si deve scrivere, conservare, storicizzare, datare, documentare tutto. Non può esserci nulla di secretato, oscuro, non svelato, nascosto nel sacrario del proprio pudore umano o nella storia sociale. Ecco perchè la Chiesa ufficiale ha tolto alle Sante Flora e Lucilla l'aura di santità che avevano, relegando tutto a culto locale, possibilmente fondato su leggende, come è stato per San Giorgio. Abbiamo, in maremma due martiri sante in meno perchè gli studi non perdonano la pietà popolare fondata solo su miti leggendari o su racconti orali. Ci vuole la vivisezione documentale.
Norma Pratelli Parenti, poi, laica dell'Azione Cattolica, morta alla fine della Seconda Guerra Mondiale, è solo una "testimone" partigiana del posto. Non ha la levatura di Santa, come Santa Felicisima, morta martire durante le persecuzioni cristiane romane. Norma era di Massa Marittima, era invischiata con i partigiani e con la politica, e dunque il suo essere morta per aver voluto seppellire morti e per aver voluto salvare qualche vita, perde di sfumature esclusivamente cristiane e misericordiose. Non era neanche cieca, ed eroica dunque due volte, come si presume fosse la martire Santa Felicissima.
Non è un connotato di santità, avere le stigmate, vedi suor Maria Lilia Mastacchini, o essere malati o mutilati. Tuttavia, questo determina ancora di più le eroicità di vita santa. Bettina di Castell'Azzara era paralizzata a vita e si muoveva su una sedia trasportata da altri per andare a Messa. Suor Maria Lilia Mastacchini si ammalava misteriosamente, quando le veniva chiesto di intercedere per qualcuno, guarendo solo, altrettanto misteriosamente, quando il miracolo si verificava. Norma Pratelli Parenti era invece sana e attiva.
Quelle descritte sono donne semplicemente significative di realtà per le epoche in cui vissero. Non è necessario siano tutte storicamente definite, tutte canonizzate ufficialmente. Le donne hanno sempre avuto poca "presenza" scenica anche nell'elenco martirologico. In Maremma si è verificato lo stesso. Agnese Grazi è ricordata come prima convertita donna da San Paolo della Croce, tra i Passionisti. Maria Giovanna Venturi come la preziosa donna di servizio che accudiva i Passionisti in transito a Monte Argentario. Ma siamo ben lontani da Gemma Galgani mistica della vicina Lucca. Irene Bertoni, cofondatrice di Nomadelfia al seguito di don Zeno Saltini, era una "mamma"; e non è ancora niente altro che questo. Lia Benesperi nell'AC grossetana, Silvana Vignoli di Campagnatico, fondatrice del Progetto Speranza per l'Albania, sono nomi emergenti nel mondo spirituale locale più recente. Forse lo è anche la professoressa Giorgi, che ha speso la sua vita in tutto il centro Italia, per catechizzare e istruire. Forse lo è l'alunna romana, che evangelizza nel suo ambiente di lavoro e nella sua famiglia così efficacemente da ridare a Dio come suora una delle sue tre figlie. Forse lo è Stella, testimoniando in seminari di vita una stilla divina. Ne ho incontrate tante, anche qui e adesso, di "sante" donne. Ci sono quelle più incisive e "usabili" dalla storia del sacro attuale, la cui involontaria "testimonianza", è più rispondente per questa epoca, ed è dunque politicamente, religiosamente, socialmente vincente anche in questa terra amara. E ci sono quelle meno significative, meno segno strumentale storico per la chiesa universale o anche solo per una piccola realtà diocesana: superflua anche una targa sulle panche delle chiese, per loro. Però una nonna che insegna come pregare a suo nipotino, fa la sua parte, in questa corsa all'oblio del credo che tinteggia i libri di horror e non più di storie edificanti e sacre. Nell'incidente probatorio per acclarare santità, non ci sarà il numero di protocollo, non verrà nemmeno preso in considerazione come gesto significativo, l'insegnare a pregare ad un nipote. Come sempre ha più valore una parte di anima oscura e torbida che luccichìa dopo una conversione, che non la banalità dei gesti quotidiani esteriori di una persona comune che mai prenderà i voti. Ma la parte spirituale che ci portiamo nel DNA dell'animus, merita questo nipotino da accudire come nonni di vecchio stampo, sacralizzandone il senso alto che quel vivere/agire trasfonde, al di là dei demeriti più evidenti e acclarati. Dio è "vivo e vitale nel cuore di tutto ciò che esiste, anche e soprattutto nel cuore delle cose più banali, più lontane dall'universo «sacro» della religione" (Giorgio Gonella, in Nel deserto il profumo del vento). Meritiamo tutti/e di avere una concessione alla nostra possibilità di santità, seppellendo sotto strali appuntiti di normativa per la privacy e di leggi per l'oblio, la nostra quotidiana e sacra inaccessibilità e inaccettabilità extra-documentale.

PREDESTINATI AL CERCHIO D'ORO   
Copyright © Tindara Rasi

lunedì 24 dicembre 2018

LA "MISA DEL GALLO" DI NATALE

Copyright © Tindara Rasi

Scrisse Egheria (Egerìa), una pellegrina della fine del 300 d.C.:
"Poichè i fedeli hanno paura di non arrivare lì per il canto dei galli, vengono in anticipo e si siedono lì. Si cantano inni e antifone, si fanno preghiere a ogni inno e a ogni antifona. I preti e i diaconi sono sempre pronti là a celebrare le vigilie per la gente che si raduna. Questa è infatti la consuetudine, di non aprire i luoghi santi prima del canto del gallo." (Diario di viaggio, Egerìa, ed. Paoline, pg. 65)
Descrive così la "liturgia dell'Epifania", in quell'angolo di Terra Santa dei primi secoli, che allora festeggiava in data posticipata il nostro attuale Natale del 25 dicembre, seguendo il calendario giuliano. Oggi l'Epifania non è quasi più considerata, e di certo non è recepita come dies Natalis Domini nostri Jesu Christi. Sfalsamenti dei tempi... Santa Klaus, cioè San Nicola, il 6 dicembre, divenuto Babbo Natale per de-cristianizzare Gesù nella stalla; Santa Lucia trasferita dal 13 dicembre al 6 gennaio e divenuta la simpatica Befana di tradizioni italiche ormai consolidate. A Firenze rimane l'epifanica  la cavalcata dei Re Magi. Tra gli ortodossi di liturgia bizantina, il Natale vero e proprio celebrato ad anno nuovo, il 7 gennaio. Forse qualcosa si salva, tra nostalgie puriste. Sarà che è sempre e solo "il Volto che ci impedisce di uccidere [tutto]" (cfr. Levinas).
Le tradizioni latino-americane e filippine sono quelle più solide e tradizionaliste. Lì, la vigilia di Natale è ancora la "Misa del Gallo", o "Nochebuena", così come descritta nei primi secoli dopo Cristo da quella coraggiosa donna pellegrina e fedele identificata in una tal Egerìa della Spagna.  "Ad galli cantus", ma più propriamente "Missa  in galli cantu" o "in primo galli canto, in gallicinio", è la "media nocte" di San Gregorio. Non prima di quell'ora, perchè Gesù nacque a mezzanotte, così vuole la tradizione... e il gallo canta all'alba, non prima, il gallo annuncia la Luce divina alla prima avvisaglia, tra il buio più pesto: fa mezzodì anticipato. Mi piace annotare che, curiosamente, in Portogallo, il gallo è invece un "pollet", un pulcino. Un gallo in miniatura, un gallo non ancora adulto: un anawìm, un piccolo e semplice animalino come pastore annunciatore. Suggestivo "piccolo particolare"  che detta e indirizza efficacemente l'urgenza di attenzione ai "piccoli particolari dell'amore" (Gaudete et exsultate, 145) . L'Amore con la "A" maiuscola, non quello ordinario. "Se veramente riconosciamo che Dio esiste, non possiamo fare a meno di adorarlo, [o] in un silenzio colmo di ammirazione, o [cantando] a lui con voce festosa" (Gaudete et Exsultate, 155). Un gallo questo lo sa fare bene, il suo canto annunziante è meraviglioso. Altrettanto dolce, è il pigolio di un pulcino tra un beccata ed un'altra; solo, il suo è un annuncio concesso all'orecchio più attento. ...E' che noi siamo un po' tutti ammalati d'orecchi.


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domenica 2 dicembre 2018

LA PREGHIERA SOSPESA

Oggi, nel giorno di Santa Bibiana, sta per essere dedicata una nuova chiesa, in città.
Ed io non credo che ci andrò, ma potrei andarci un giorno, magari un giorno anonimo, uno senza sguardi e senza ressa, senza pigia pigia e senza distrazioni. Ci voglio andare per fare una cosa che spesso faccio quando vado in chiesa, e che, a maggior ragione, sarà bello fare in una chiesa "nuova": la preghiera sospesa.
Non è nulla di che, solo il "caffè sospeso" di campana memoria. Si entra in un bar e si paga un caffè senza berlo, lasciandolo gratis per il cliente prossimo che entrerà lì. Una sosta in chiesa, al centro della navata (come "cherubini [posti] nel mezzo della sala interna", 1Re 6,27), pregando per chi verrà dopo, per chi entrerà un momento dopo, un'ora dopo, un giorno dopo.  Un "prossimo" che non mi è dato sapere. Nelle chiese e nelle cappellette di periferia, quelle dove non ci va quasi mai nessuno, è ancora più donativo, perchè potrebbe passare anche una settimana, un mese, prima che qualcuno ci rimetta piede. La preghiera affiora alle labbra e sale, pronunciata per altri, aleggia sospesa tra quelle navate, tra le volte sacre, e resta lì, in attesa. Entrerà qualcuno in cerca di Dio o di arte, e troverà parole sospese sopra sè, pronte a lanciarsi al cielo prima ancora che vengano di nuovo pronunciate davvero. 
Questo momento di orazione mi piace "lasciarlo" per i miei figli, per mio marito. Ma chissà se arriverà a loro o a qualche altro; e non importa a chi, mi importa in realtà  per Chi. Parlo a Lui; poi la riconsegnerà Lui a chi vorrà, e quando vorrà, e se vorrà.
Andrò nella chiesa nuova e pregherò per questo "prossimo" che non so, anche lì.
"Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel luogo della tua dimora, in cielo; ascolta e perdona" (1Re 8,30).
"Anche lo straniero, che non è del tuo popolo Israele, se viene da una terra lontana a causa del tuo nome, perchè si sentirà parlare del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio, tu ascolta nel cielo, luogo della tua dimora, e fa' tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero, perchè tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io ho costruito" (1Re 8,41).
La caffettiera elettrica fischia, il caffè è pronto: versalo, Signore nella tazza che vuoi Tu.


Copyright © Tindara Rasi

sabato 1 dicembre 2018


LA FUTILE VITA DEL CONCIME 
di Tìndara Rasi

Fermo. Non aveva parole. Si sentiva imbecille e meschino, per non aver capito, in tutti quegli anni, chi si trovava davvero di fronte, per non aver capito, ma anche per non aver saputo rispettare a sufficienza chi era più alto in grado di lui. 
Lei lo aveva graziato, dopo la denuncia per violenza, ma era una grazia inutile, lui era e restava scemo. La sua indecenza spirituale, verbale, corporale, il suo pesante essere, insulso e inietto, biascicava parole ma non aveva più che dire. Continuava a consumarsi nella sua incapacità, imperizia e malagrazia conclamata. Avevano aperto un conto reciproco, quando lei si era sentita offesa, e nelle battaglie aspre che ne erano seguite, aveva vinto lei, non lui. Si era rivelato incompetente e inabile. Poteva continuare a blaterare frasi vuote, gridi isterici di chi si sente perduto, calunnie a vanvera di chi non sa più cosa dire. Nessuno lo ascoltava più. Non aveva capito in tempo, e aveva perso.  Lei era una maestra. Una donna lo è sempre, soprattutto di fronte alle umiliazioni stupide e pubbliche alle quali spesso la sottopongono uomini inietti come lui. Nessun giudice lo aveva condannato, ma condannato lo era stato ugualmente e da giudici ben più spietati di quelli in toga: la sua comunità sociale. Paluso e merito. Inutile tentare ancora. Poteva solo rifarle il verso, ma l'originale era lei, la vincente era lei. Vince chi sa mantenere il segreto sulla propria identità, non chi sbandiera meriti e gradi massonici dall'inizio alla fine; vince chi non si svela all'inizio, ma velo dopo velo, puntata dopo puntata, pagina dopo pagina, parola dopo parola, in modo accorto e misterioso.  Gli alberi si piantano, non si sradicano. Lei aveva primeggiato spudoratamente, apertamente, e quasi senza fatica. Si sentiva come un morto che si trascina ancora qualche metro sprecando il fiato ultimo che gli rimane in gola, vergognosamente oltraggiato dalla sua integrità, dalla sua intelligenza e dalla sua evidente superiorità. 
Più chiacchierava, e più affogava nel suo stesso fango. Più blaterava, più lei scuoteva la testa e rideva.
Sostandogli un secondo di fronte, mentre camminava lieve e altera, gli lanciava uno sguardo di pena che diceva tutto senza neanche dover fare lo sforzo di profferire fonemi. Lo lapidava al suo stesso destino di violento, trovandolo al ristorante caritatevole con l'ultima donna che lo leccava di sguardi impudici, lasciandolo in pasto alle sue amanti cagnette che lo fotografavano per pubblicizzare con calendari e riviste la sua idiozia, vestite e svestite di gloria dal suo stesso beneplacito consensiente. Lui gridava stupidate inutili, drogandosi nella speranza di potersi ancora dare un tono di importanza, ma sapeva di essere diventato un angelo caduto di grazia. Lo sapeva, ed esserne cosciente lo devastava ancora di più.
Era in questa orrenda scivolata di coscienza, che lei lo guardava affogare ogni giorno di più. Ed era lì, che lo avrebbero ritrovato i posteri, leggendo il suo nome.

[Tratto da "Che la terra sia lieve"]

Copyright © Tindara Rasi



"Si può definire la violenza psicologica come una strategia che mira, nei casi più gravi, a uccidere, distruggere, escludere, annientare e, addirittura, portare al suicidio una persona, senza avere alcun contatto fisico con lei. La provocazione continua, l'offesa, la disistima, la derisione, la svalutazione, la coercizione, il ricatto, la minaccia, il silenzio, la privazione della libertà, la menzogna, il tradimento della fiducia riposta, l'isolamento sono alcune forme in cui si manifesta la violenza psicologica."

Tratto da: Il mobbing e le violenze psicologiche
Fenomenologia, prevenzione, intervento


giovedì 29 novembre 2018

BETLEMME A SCANSANO

LE SCOLARESCHE IN CONCORSO

di Tìndara Rasi
Copyright © Tindara Rasi
Anche quest'anno l'Associazione no-profit "La città del pane", in accordo con la pro-loco e la parrocchia di Scansano, ha organizzato la mostra-concorso dei presepi cittadini, un evento che si ripete per il sesto anno consecutivo con la fattiva partecipazione della cittadinanza locale. In questa occasione, il Comune di Scansano ha concesso in patrocinio i locali delle ex scuole primarie del paese site in via XX Settembre, e l'Associazione, a cui fa riferimento la Bottega EquAzione dei prodotti equosolidali, ha dunque esteso l'iniziativa non solo ai privati cittadini per l'allestimento di pittoreschi angoli tematici, ma anche alle scuole del paese e ai fotografi amatoriali. Come già è in uso fare da diversi anni, per le vie cittadine saranno dunque allestite location a tema presepiale, mentre nelle aule al coperto verranno esposti i piccoli e medi presepi realizzati dai privati cittadini e dalle scolaresche, per il settore concorsuale "Facciamo il presepe". I presepi interi, le natività più circoscritte, o semplicemente le riproduzioni della sola Sacra Famiglia, potranno essere portati presso la sede delle ex scuole già da adesso, in modo da essere opportunamente collocati negli angoli delle sale, in tempo per l'inaugurazione della mostra prevista per giorno 08 dicembre, quando verranno presentati alla stampa e alla cittadinanza locale, alla presenza delle autorità civili e del parroco, don Emanuele Bossini. Il materiale e la tecnica di lavorazione non sono stati volutamente specificati dall'Associazione che cura l'evento, in modo da lasciare libera espressione alla creatività dei partecipanti. Le insegnanti dei vari ordini di scuola di Scansano si sono già attivate per la realizzazione delle loro opere presepiali, tra disegni di panorami mediorientali raffiguranti il tòpos betlemmiano, rotoli di carta dipinti con i soggetti del Vangelo, oggetti di riciclo reinterpretati nel rispetto ambientale, e materiale manipolativo di varia estrazione naturale.
"Natale in foto", è invece il settore concorsuale rivolto ai reporter amatoriali che volessero aderire alla mostra fotografica. In questo caso, le fotografe a tema natalizio potranno essere portate ai responsabili dell'associazione fino al 22 dicembre. Possono parteciparvi fotografi alle prime armi e anche piccoli esperti in erba, usando i macchinari che hanno in dotazione, senza specifiche richieste riguardo tecniche e formati stampa. Per eventuali informazioni, è tuttavia consigliabile rivolgersi sempre alle sedi del Comune di Scansano e all'Associazione "La città del pane".
Durante tutto il periodo natalizio, sarà possibile ai visitatori accedere alle stanze della mostra e visionare le foto dei presepi, così come girare per le vie del paese in cerca dei presepi esterni.
La premiazione finale è prevista per giorno 05 gennaio, alle ore 16.00, alla presenza della cittadinanza. A decretare i vincitori e ad assegnare i premi, vi sarà una commissione giudicatrice, composta da esperti del luogo, tra i quali: Lucia Pasquini, fotografa; Maurizio Fabbri, appassionato di fotografia e computer; Renata Caprini Ginesi, presidente della Commissione Cultura del Comune di Scansano, prolifica scrittrice e studiosa di storia locale. I premi consisteranno in buoni spesa da utilizzare presso le cartolerie del luogo per le scuole vincitrici, e cesti con prodotti tipici del territorio per i cittadini e i fotoamatori premiati.
Copyright © Tìndara Rasi

sabato 24 novembre 2018

LA PREGHIERA SOSPESA


Sta per essere dedicata una nuova chiesa, in città.

Ed io non credo che ci andrò, ma potrei andarci un giorno, magari un giorno anonimo, uno senza sguardi e senza ressa, senza pigia pigia e senza distrazioni. Ci voglio andare per fare una cosa che spesso faccio quando vado in chiesa, e che, a maggior ragione, sarà bello fare in una chiesa "nuova": la preghiera sospesa.
Non è nulla di che, solo il "caffè sospeso" di campana memoria. Si entra in un bar e si paga un caffè senza berlo, lasciandolo gratis per il cliente prossimo che entrerà lì. Una sosta in chiesa, al centro della navata (come "cherubini [posti] nel mezzo della sala interna", 1Re 6,27), pregando per chi verrà dopo, per chi entrerà un momento dopo, un'ora dopo, un giorno dopo.  Un "prossimo" che non mi è dato sapere. Nelle chiese e nelle cappellette di periferia, quelle dove non ci va quasi mai nessuno, è ancora più donativo, perchè potrebbe passare anche una settimana, un mese, prima che qualcuno ci rimetta piede. La preghiera affiora alle labbra e sale, pronunciata per altri, aleggia sospesa tra quelle navate, tra le volte sacre, e resta lì, in attesa. Entrerà qualcuno in cerca di Dio o di arte, e troverà parole sospese sopra sè, pronte a lanciarsi al cielo prima ancora che vengano di nuovo pronunciate davvero. 
Questo momento di orazione mi piace "lasciarlo" per i miei figli, per mio marito. Ma chissà se arriverà a loro o a qualche altro; e non importa a chi, mi importa in realtà  per Chi. Parlo a Lui; poi la riconsegnerà Lui a chi vorrà, e quando vorrà, e se vorrà.
Andrò nella chiesa nuova e pregherò per questo "prossimo" che non so, anche lì.
"Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel luogo della tua dimora, in cielo; ascolta e perdona" (1Re 8,30).
"Anche lo straniero, che non è del tuo popolo Israele, se viene da una terra lontana a causa del tuo nome, perchè si sentirà parlare del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio, tu ascolta nel cielo, luogo della tua dimora, e fa' tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero, perchè tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io ho costruito" (1Re 8,41).
La caffettiera col caffè sbuffa, il caffè è pronto: versalo, Signore nella tazza che vuoi Tu.

Copyright © Tindara Rasi
UNO SCRITTO DI QUALCHE ANNO FA

Oggi solennità di Cristo Re.                               
Cristo è Re, sul trono c'è Lui solo... ma non è egoismo.
I protestanti hanno come simbolo la croce decussata di Sant'Andrea, una sorta di fattore X fermo e statico, trovato il quale ci si ferma e basta. Noi invece abbiamo come simbolo una "più", o una T, e non ci si ferma mai... è il "magis" di Sant'Ignazio di Loyola... di più, sempre di più, addentrati nella mistagogia... di più il Suo pro nobis... di più.
Prendiamo come esempio il numero uno.
Noi abbiamo un UNICO Dio. Il numero UNO, il Re è Lui. Ma è egoismo o amore, Lui?
A livello antropologico uno X uno, dà sempre uno, ed è egoismo: 1X1=1.
Mentre invece solo uno "più" uno dà due, la coppia: 1+1=2.
A livello teologico uno X uno darebbe sempre uno... 1 X 1=1, l'egoismo. Ma Dio procede con la logica dell'addizione, non con quella della moltiplicazione dei numeri primi, solitari e immobili. Procede con la logica della croce latina. 1+1=2. Maria e Giuseppe, il Padre e il Figlio, la creatura e il Creatore... E dopo il due, "di più".. "magis"... Se tre volte uno moltiplicato dà sempre uno (1x1x1=1), invece uno più uno più uno dà TRE (1+1+1=3)... Dio non è un Re solo ed egoista, ma è Trinità e Amore. Dio è croce latina, addizione, SEMPRE.

Tìndara Rasi




UN INTERO PAESE 

IN ATTESA DELLA BEFANA


Il "Circolo Cacciatori" ed il "Circolo culturale di Montepescali", hanno organizzato l'evento "Montepescali in festa": un susseguirsi di iniziative, culminanti il 6 gennaio, per festeggiare l'arrivo della Befana, e che si ripeteranno per tutti i week-end, ad esclusione di Natale e Capodanno. L'intero paese di Montepescali valorizzerà angoli cittadini tematizzandoli ad hoc, ed organizzerà momenti pomeridiani per grandi e piccini, in attesa di doni e carbone portati dalla vecchina più famosa della tradizione italiana, che arriverà già il 5 gennaio sera con l'inconfondibile fazzolettone, le scarpe rotte, il gonnone liso e la scopa-bastone per sorreggersi mentre cammina, essendo anzianissima, praticamente senza età.
Sabato 1 dicembre, a partire dalle ore 16, esibizione del gruppo di Pole Dance "Fight Pole"; alle 17, zonzellata; alle 18 apertura dell'Osteria della Befana, dove verrano distribuiti polente, frittelle, zonzelle e altri cibi tradizionali. In tutti i pomeriggi durante gli eventi, la stessa Osteria sarà aperta e proporrà menù a tema, per chi vorrà prenotarsi.
Domenica 2 dicembre, a partire dalle ore 15.00 la "Filarmonica città di Grosseto" suonerà per le vie del paese e verranno distribuite ancora le zonzelle.
Sabato 8 dicembre, alle 15.00 il vescovo Rodolfo Cetoloni, con la partecipazione della Corale, presenzierà alla ricollocazione della Pala di Matteo di Giovanni, nella Chiesa di San Niccolò. A presentare i simboli e il valore artistico della pala, vi sarà lo storico d'arte Fabio Torchio. Nella stessa giornata, alle 17.00, verrà inaugurato il presepio monumentale, collocato in maniera semipermanente nella chiesa dei Santi Stefano e Lorenzo, la cui tematica, variata di anno in anno dagli esperti e appassionati presepisti del luogo, verrà scoperta solo in tale occasione. L'Osteria della Befana proporrà per la stessa conclusione di giornata e per il pomeriggio del 9 dicembre, un menù fisso "alla maremmana".
Domenica 9 dicembre, nella casa della Befana verrà narrata la storia che la riguarda, di matrice tradizionale italiana, e quella dei tre Re Magi, più propriamente di tessuto simbolico teologico. L'animazione verrà curata dal gruppo "Fifinella". Verso le 17.00 vi sarà l'inaugurazione del Centro Antiviolenza Elisabetta Fiorilli "Tutto è vita", con un flash mob.
Sabato 15 dicembre, dalle 16.00 in poi, zonzellata e tombolata. L'Osteria della Befana riproporrà, per chi vorrà, sia per il sabato 15, che per la domenica 16 dicembre, il menù fisso "alla maremmana".
Domenica 16 dicembre, verrà proposta una attività coinvolgente specifica per i bambini: scrivere lettere o fare dei disegni davanti al "Pozzo dei Desideri" da spedire alla Befana.
Sabato 5 gennaio 2019, zonzellata e a seguire, alle ore 17, l'incontro con i Re Magi e poi lo spettacolo del gruppo "Movimento Orientale", con l'esibizione di balli del ventre. Alle 19.00 arriverà all'Osteria della Befana la stessa Befana, portando ai bambini dolci o carbone, come da tradizione. Il menù dell'Osteria sarà composto stavolta da "cibi orientali".
Domenica 6 gennaio, si concluderanno le iniziative, premiando il disegno e la lettera più bella e significativa dei bambini che avranno aderito, regalando calze con dolciumi e cioccolata calda con biscotti, ai presenti. Ad animare il pomeriggio vi saranno in questo caso i "Giovani della C.R.I.".
Per informazioni e prenotazioni, o per far ricevere i doni ai bambini, si rimanda al numero 3397765589.
Copyright © Tindara Rasi