IL GIORNO DEI MORTI
di Tindara Rasi
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Il giorno dei morti è una
riccorrenza prettamente cristiana. Durante questo giorno particolare
si prega in suffragio per le anime dei defunti e ci si reca in visita
ai cimiteri per accendere i lumini alle tombe dei propri defunti o
semplicemente per portare i fiori ad essi.
Ma in Sicilia è anche una
festa dei ragazzi molto sentita per l'aspetto simpatico che essa
assume. Tra il primo e il 2 novembre è infatti consuetudine regalare
ai bambini dolciumi specifici, i cui nomi e le forme ricordano
sembianze umane o frutta. Il fervore religioso dei bambini che
pregano per i loro parenti defunti nei giorni precedenti, "merita"
infatti una ricompensa che incentivi questa loro pratica pia, ma la
particolarità di questa ricompensa è che essa proviene direttamente
dall'Aldilà. Sono perlopiù i nonni defunti, il cui affetto e
ricordo è vivo nei piccoli nipoti, a recare in dono in quella notte
regali, giochi, ma soprattutto l'ambìto e atteso vassoio di dolci di
pasta secca. I bambini ne sono consapevoli, e attendono con
trepidazione questa ricorrenza festaiola.
Nata probabilmente dalla
necessità di spronare ad offrire preghiere in suffragio per i propri
morti fin dalla più tenera età, l'usanza è largamente diffusa in
tutta l'isola. Nel vassoio di dolci secchi, variopinto e
caratteristico, la stesa di frutta martorana ha la parte
predominante. L'impasto di farina, zucchero e mandorle, permette la
realizzazione dolciaria di un composto semimorbido, di lunga durata,
detto "pasta reale". Esso è talmente dolce da dover essere
mangiato a piccoli pezzi per volta. Manipolandolo ad arte, gli
esperti pasticcieri siciliani creano composizioni di frutta che sono
dei veri e propri capolavori artistici, quasi delle sculture. Le
forme di mele, arance, fichi d'india, mandarini, ciliegie, appaiono
molto somiglianti alla frutta originale. La pasta martorana può
essere lasciata in bianco, nel suo colore naturale, oppure rivestita
con coloranti naturali, il cui effetto risulta di alto impatto
visivo, molto brillante.
La tradizione narra che la
pasta reale sia nata nel convento delle monache situato presso la
chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio, a Palermo. Questo edificio
religioso fu costruito nel Medioevo da Giorgio D'Antiochia, un
ammiraglio di fede ortodossa al servizio presso il re normanno
Ruggero II, e oggi fa parte dell'Eparchìa di Piana degli Albanesi
(chiesa italo-albanese, di rito bizantino). Eretto vicino ad un
monastero benedettino fondato da una nobildonna, Eloisa Martorana,
per estensione è oggi conosciuto più come la chiesa delle monache
della Martorana, che non come Santa Maria dell'Ammiraglio. Nel
convento annesso nacque la pasta, oggi riconosciuta dal Mipaaf
(Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) come
prodotto agroalimentare tradizionale (P.A.T.), denominata "pasta
martorana" o "pasta reale".
Anche il nome "reale"
ha a che fare con un'altra storia della tradizione palermitana. Si
narra, infatti, che in occasione della visita del re Carlo V, nel
1537, le monache vollero far apparire il loro giardino ricco di
frutti e ben curato agli occhi del regnante. Ma a giugno gli alberi
non avevano più molti frutti. E dunque le monache realizzarono delle
accurate riproduzioni di frutta con la pasta martorana, appendendole
ai rami degli alberi del giardino, che improvvisamente si riempirono
di frutti tipici della zona come arance, ciliege, tamarindi in
abbondanza, vistosamente maturi, da raccogliere. Il re ne fu molto
colpito e da allora la pasta martorana fu detta anche "pasta
reale", in omaggio alla sorpresa che ne ebbe il re.
Nell'elegante vassoio dei
morti, di grande effetto, il pasticciere adagia anche i "morticini",
meglio conosciuti come "scardellini" o "ossa dei morti". Si tratta di
biscotti di pasta secca, realizzati con uova, farina, zucchero e
aromatizzanti. Più si lasciano nel vassoio e più induriscono,
mantenendosi a lungo, ma diventando man mano difficili da spezzare
con i denti. Questa particolarità lì rende ancora più simili ad
ossa vere. L'impasto, quando cotto, assume due colorazioni diverse: una parte resta bianca, ed è durissima, vuota all'interno come fosse un piccolo rotolo di cartone candido o un vero osso senza cartilagine interna; da essa, fuoriesce infatti un'altra parte, marrocina, più
morbida e dalla forma tondeggiante, a somiglianza di
un pezzettino di carne rimasto attaccato all'osso. I bambini
non ne sono affatto impauriti, ma sdrammatizzano la morte con questo
momento di festa e di golosità, imparando anche a ricordare con
gioia chi non c'è più, perchè se i nonni, i parenti, inviano da lì
un vassoio di dolci o dei giocattoli, è segno che ancora li pensano,
si prendono cura di loro e li ringraziano per l'offerta di preghiere
che i bambini gli hanno tributato la sera prima o addirittura per
tutto l'anno.
La festa del giorno dei
morti ha origini molto antiche, con una valenza spirituale molto
alta, e oggi è sempre più conosciuta in tutta Italia per il valore
nazionale che ha, essendo una festa di origine siciliana, prettamente italiana.
Copyright © - opera non riproducibile senza autorizzazione dell'autrice in oggetto Tindara Rasi
Vi racconto cosa è accaduto quest'anno. Io ho tre figli. All'inizio di questo mese il loro nonno paterno è morto. Quest'anno, per la festa dei defunti, il loro nonno defunto ha fatto avere loro due vassoi di dolci ciascuno, uno con gli scardellini (ossa dei morti) e uno di frutta martorana. Due piccoli vassoietti per ognuno di loro, sei guantiere in totale, essendo loro tre nipoti. I miei figli sanno che il loro nonno da lassù rimane in comunione, come loro rimangono in comunione con lui attraverso le preghiere... Lui c'è, non è morto ma è in cielo, li pensa, gli vuole bene, li ringrazia per i loro suffragi e le loro preghiere, e ha ricambiato il loro affetto con questi piccoli pensierini...
Il regalo del nonno defunto:
vassoio di pasta reale (frutta di pasta martorana)
e di "scardellini" (ossa dei morti)
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A FESTA DI' MORTI
Quann’eru picciriddu, sta festa era magia:
nta l’occhi a meravigghia, nto cori l’armunia,
jo mi sbigghiavu prestu, assem 'e fraticeddi
nte mani i me "riali" e tanti biscutteddi.
I scoli eranu chiusi e tuttu si firmava,
di cu' lassò stu munnu, u munnu si ricurdava.
Ora, pà picciridda, rinnovu sta magia,
picchì cu tò rigaleddu idda poi ripensa a ttia,
“ U purtò u nonnu .........me patri, gioia mia,
ca du celu ti proteggi commu n’ancilu ‘i Maria.”
E così mentri me figghia, ca non ti canuscìu,
si lega a du nonnuzzu di cui ci parru ìu,
iò da to presenza mi sentu menu schittu
e abbrazzannu a figghia ti tegnu strittu strittu.
nta l’occhi a meravigghia, nto cori l’armunia,
jo mi sbigghiavu prestu, assem 'e fraticeddi
nte mani i me "riali" e tanti biscutteddi.
I scoli eranu chiusi e tuttu si firmava,
di cu' lassò stu munnu, u munnu si ricurdava.
Ora, pà picciridda, rinnovu sta magia,
picchì cu tò rigaleddu idda poi ripensa a ttia,
“ U purtò u nonnu .........me patri, gioia mia,
ca du celu ti proteggi commu n’ancilu ‘i Maria.”
E così mentri me figghia, ca non ti canuscìu,
si lega a du nonnuzzu di cui ci parru ìu,
iò da to presenza mi sentu menu schittu
e abbrazzannu a figghia ti tegnu strittu strittu.
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