SAN GIUSEPPE FESTEGGIATO NELLA PARROCCHIA TITOLARE
di Tindara Rasi
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La solennità di San Giuseppe, patrono della parrocchia cittadina di via Sauro, ha convogliato in chiesa un nutrito gruppo di fedeli locali. Presenti anche i familiari di quattro persone adulte che hanno ricevuto la Confermazione, e gli insegnanti di teologia incaricati presso le scuole dalla Diocesi di Grosseto che avevano aderito alla periodica riunione di aggiornamento laicale I.R.C.
Sua Eccellenza il Vescovo Rodolfo Cetoloni ha presieduto la celebrazione vespertina in una atmosfera di raccoglimento e attenzione, rinnovando gli auguri a tutti i padri, anche a chi padre lo è per vocazione non genitoriale ma sacerdotale nei confronti della chiesa locale che ha in affidamento, rivolgendosi in particolare al titolare, al diacono Paolino, all'accolito Luca e al parroco don Vitaliy di rito ortodosso della Chiesa Greco-Cattolica dell'Ucraina. Nell'accorata omelia, la cui chiosa finale ha affidato alla citazione di uno scritto tratto dalle opere di San Bernardino, il vescovo Rodolfo ha ricordato a tutti che San Giuseppe è stato sia padre che sposo. La coesistenza di entrambi questi titoli, nella santificazione del suo vissuto, lo ha decretato "uomo giusto". Rispettando il ruolo che gli era stato richiesto da Dio, ebbe infatti il merito di crescere Gesù Figlio di Dio. Ma soprattutto, seppe rispettare e "custodire", nonostante i dubbi e le contraddizioni dettate dalle leggi e dai costumi sociali del suo tempo, la sua sposa Maria. "Giuseppe doveva avere un grande amore, un amore senza misura, forte, umile; un amore giusto, oltre ogni apparenza", ha ripetuto più volte, ricordando il comandamento al di sopra dei comandamenti. Fu "spezzato come uomo" dalla vita, fu "espropriato dal suo diritto" di generare, di avere una genealogia, gli venne tolto il diritto/dovere di realizzarsi come sposo e padre, in definitiva. Santa Teresina di Gesù Bambino e
del Volto Santo (Lisieux) ebbe a dire: "Giuseppe,
la tua vita mirabile passò nell'umiltà"
più amara.
E tuttavia, il suo amore non si spense mai verso la sua sposa. Usò verso lei, e verso l'Amore che lei portava, una giustizia che solo Dio possiede, poichè è Dio che compie giustizia usando misericordia. San Giuseppe fece altrettanto. Decise di fare proprio l'ideale di "amare ad ogni costo". Accettò questa "responsabilità" affidatagli da Dio, compiendo tutto con attenzione, segretezza, rispetto, pur di rendere degna di stima la sposa che gli era stata affidata e il Figlio che lei consegnava alla Storia cristiana. Non c'è una risposta al perchè della sua umile adesione al disegno divino. "Quando si ama davvero, può sembrare agli occhi di chi non sa quello che si ha nel cuore, che si faccia qualcosa che non sembrerebbe giusto secondo la legge, secondo la giustizia." Amando davvero, San Giuseppe ha permesso a Maria di vivere degnamente, senza subire la lapidazione; a Gesù di nascere; a noi di essere salvati. Questo uomo, umiliato e umile, fu chiamato ad un percorso di santificazione unico e originale. Ma ogni persona lo è: ogni padre, ogni sposo, ogni nonno, ogni diacono, ogni ministro. Giuseppe ha reso possibile, probabilmente senza saperlo mai, o intuendolo solo, un evento teologico che ha contraddistinto la storia dell'intero ecumene. La sua chiamata vocazionale, tra sogni e volti vicini, si è condensata in un unico modus: amare ad ogni costo, appunto. Non c'è altra via, nella vita laica di una coppia di sposi o di un genitore, così come non c'è altra via nei consacrati. L'Ordine Carmelitano lo considera patrono, e, se Santa Teresa D'Avila fu colei che portò l'attenzione sulla sua figura, fondando conventi a lui dedicati e iniziando pratiche pie sul suo carisma paterno, un richiamo corre anche a San Giovanni della Croce, che ebbe a dire, come Gesù: "Nella sera della vita, sarai esaminato sull'amore".
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19 marzo 2019
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