giovedì 29 novembre 2018

BETLEMME A SCANSANO

LE SCOLARESCHE IN CONCORSO

di Tìndara Rasi
Copyright © Tindara Rasi
Anche quest'anno l'Associazione no-profit "La città del pane", in accordo con la pro-loco e la parrocchia di Scansano, ha organizzato la mostra-concorso dei presepi cittadini, un evento che si ripete per il sesto anno consecutivo con la fattiva partecipazione della cittadinanza locale. In questa occasione, il Comune di Scansano ha concesso in patrocinio i locali delle ex scuole primarie del paese site in via XX Settembre, e l'Associazione, a cui fa riferimento la Bottega EquAzione dei prodotti equosolidali, ha dunque esteso l'iniziativa non solo ai privati cittadini per l'allestimento di pittoreschi angoli tematici, ma anche alle scuole del paese e ai fotografi amatoriali. Come già è in uso fare da diversi anni, per le vie cittadine saranno dunque allestite location a tema presepiale, mentre nelle aule al coperto verranno esposti i piccoli e medi presepi realizzati dai privati cittadini e dalle scolaresche, per il settore concorsuale "Facciamo il presepe". I presepi interi, le natività più circoscritte, o semplicemente le riproduzioni della sola Sacra Famiglia, potranno essere portati presso la sede delle ex scuole già da adesso, in modo da essere opportunamente collocati negli angoli delle sale, in tempo per l'inaugurazione della mostra prevista per giorno 08 dicembre, quando verranno presentati alla stampa e alla cittadinanza locale, alla presenza delle autorità civili e del parroco, don Emanuele Bossini. Il materiale e la tecnica di lavorazione non sono stati volutamente specificati dall'Associazione che cura l'evento, in modo da lasciare libera espressione alla creatività dei partecipanti. Le insegnanti dei vari ordini di scuola di Scansano si sono già attivate per la realizzazione delle loro opere presepiali, tra disegni di panorami mediorientali raffiguranti il tòpos betlemmiano, rotoli di carta dipinti con i soggetti del Vangelo, oggetti di riciclo reinterpretati nel rispetto ambientale, e materiale manipolativo di varia estrazione naturale.
"Natale in foto", è invece il settore concorsuale rivolto ai reporter amatoriali che volessero aderire alla mostra fotografica. In questo caso, le fotografe a tema natalizio potranno essere portate ai responsabili dell'associazione fino al 22 dicembre. Possono parteciparvi fotografi alle prime armi e anche piccoli esperti in erba, usando i macchinari che hanno in dotazione, senza specifiche richieste riguardo tecniche e formati stampa. Per eventuali informazioni, è tuttavia consigliabile rivolgersi sempre alle sedi del Comune di Scansano e all'Associazione "La città del pane".
Durante tutto il periodo natalizio, sarà possibile ai visitatori accedere alle stanze della mostra e visionare le foto dei presepi, così come girare per le vie del paese in cerca dei presepi esterni.
La premiazione finale è prevista per giorno 05 gennaio, alle ore 16.00, alla presenza della cittadinanza. A decretare i vincitori e ad assegnare i premi, vi sarà una commissione giudicatrice, composta da esperti del luogo, tra i quali: Lucia Pasquini, fotografa; Maurizio Fabbri, appassionato di fotografia e computer; Renata Caprini Ginesi, presidente della Commissione Cultura del Comune di Scansano, prolifica scrittrice e studiosa di storia locale. I premi consisteranno in buoni spesa da utilizzare presso le cartolerie del luogo per le scuole vincitrici, e cesti con prodotti tipici del territorio per i cittadini e i fotoamatori premiati.
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sabato 24 novembre 2018

LA PREGHIERA SOSPESA


Sta per essere dedicata una nuova chiesa, in città.

Ed io non credo che ci andrò, ma potrei andarci un giorno, magari un giorno anonimo, uno senza sguardi e senza ressa, senza pigia pigia e senza distrazioni. Ci voglio andare per fare una cosa che spesso faccio quando vado in chiesa, e che, a maggior ragione, sarà bello fare in una chiesa "nuova": la preghiera sospesa.
Non è nulla di che, solo il "caffè sospeso" di campana memoria. Si entra in un bar e si paga un caffè senza berlo, lasciandolo gratis per il cliente prossimo che entrerà lì. Una sosta in chiesa, al centro della navata (come "cherubini [posti] nel mezzo della sala interna", 1Re 6,27), pregando per chi verrà dopo, per chi entrerà un momento dopo, un'ora dopo, un giorno dopo.  Un "prossimo" che non mi è dato sapere. Nelle chiese e nelle cappellette di periferia, quelle dove non ci va quasi mai nessuno, è ancora più donativo, perchè potrebbe passare anche una settimana, un mese, prima che qualcuno ci rimetta piede. La preghiera affiora alle labbra e sale, pronunciata per altri, aleggia sospesa tra quelle navate, tra le volte sacre, e resta lì, in attesa. Entrerà qualcuno in cerca di Dio o di arte, e troverà parole sospese sopra sè, pronte a lanciarsi al cielo prima ancora che vengano di nuovo pronunciate davvero. 
Questo momento di orazione mi piace "lasciarlo" per i miei figli, per mio marito. Ma chissà se arriverà a loro o a qualche altro; e non importa a chi, mi importa in realtà  per Chi. Parlo a Lui; poi la riconsegnerà Lui a chi vorrà, e quando vorrà, e se vorrà.
Andrò nella chiesa nuova e pregherò per questo "prossimo" che non so, anche lì.
"Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel luogo della tua dimora, in cielo; ascolta e perdona" (1Re 8,30).
"Anche lo straniero, che non è del tuo popolo Israele, se viene da una terra lontana a causa del tuo nome, perchè si sentirà parlare del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio, tu ascolta nel cielo, luogo della tua dimora, e fa' tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero, perchè tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io ho costruito" (1Re 8,41).
La caffettiera col caffè sbuffa, il caffè è pronto: versalo, Signore nella tazza che vuoi Tu.

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UNO SCRITTO DI QUALCHE ANNO FA

Oggi solennità di Cristo Re.                               
Cristo è Re, sul trono c'è Lui solo... ma non è egoismo.
I protestanti hanno come simbolo la croce decussata di Sant'Andrea, una sorta di fattore X fermo e statico, trovato il quale ci si ferma e basta. Noi invece abbiamo come simbolo una "più", o una T, e non ci si ferma mai... è il "magis" di Sant'Ignazio di Loyola... di più, sempre di più, addentrati nella mistagogia... di più il Suo pro nobis... di più.
Prendiamo come esempio il numero uno.
Noi abbiamo un UNICO Dio. Il numero UNO, il Re è Lui. Ma è egoismo o amore, Lui?
A livello antropologico uno X uno, dà sempre uno, ed è egoismo: 1X1=1.
Mentre invece solo uno "più" uno dà due, la coppia: 1+1=2.
A livello teologico uno X uno darebbe sempre uno... 1 X 1=1, l'egoismo. Ma Dio procede con la logica dell'addizione, non con quella della moltiplicazione dei numeri primi, solitari e immobili. Procede con la logica della croce latina. 1+1=2. Maria e Giuseppe, il Padre e il Figlio, la creatura e il Creatore... E dopo il due, "di più".. "magis"... Se tre volte uno moltiplicato dà sempre uno (1x1x1=1), invece uno più uno più uno dà TRE (1+1+1=3)... Dio non è un Re solo ed egoista, ma è Trinità e Amore. Dio è croce latina, addizione, SEMPRE.

Tìndara Rasi




UN INTERO PAESE 

IN ATTESA DELLA BEFANA


Il "Circolo Cacciatori" ed il "Circolo culturale di Montepescali", hanno organizzato l'evento "Montepescali in festa": un susseguirsi di iniziative, culminanti il 6 gennaio, per festeggiare l'arrivo della Befana, e che si ripeteranno per tutti i week-end, ad esclusione di Natale e Capodanno. L'intero paese di Montepescali valorizzerà angoli cittadini tematizzandoli ad hoc, ed organizzerà momenti pomeridiani per grandi e piccini, in attesa di doni e carbone portati dalla vecchina più famosa della tradizione italiana, che arriverà già il 5 gennaio sera con l'inconfondibile fazzolettone, le scarpe rotte, il gonnone liso e la scopa-bastone per sorreggersi mentre cammina, essendo anzianissima, praticamente senza età.
Sabato 1 dicembre, a partire dalle ore 16, esibizione del gruppo di Pole Dance "Fight Pole"; alle 17, zonzellata; alle 18 apertura dell'Osteria della Befana, dove verrano distribuiti polente, frittelle, zonzelle e altri cibi tradizionali. In tutti i pomeriggi durante gli eventi, la stessa Osteria sarà aperta e proporrà menù a tema, per chi vorrà prenotarsi.
Domenica 2 dicembre, a partire dalle ore 15.00 la "Filarmonica città di Grosseto" suonerà per le vie del paese e verranno distribuite ancora le zonzelle.
Sabato 8 dicembre, alle 15.00 il vescovo Rodolfo Cetoloni, con la partecipazione della Corale, presenzierà alla ricollocazione della Pala di Matteo di Giovanni, nella Chiesa di San Niccolò. A presentare i simboli e il valore artistico della pala, vi sarà lo storico d'arte Fabio Torchio. Nella stessa giornata, alle 17.00, verrà inaugurato il presepio monumentale, collocato in maniera semipermanente nella chiesa dei Santi Stefano e Lorenzo, la cui tematica, variata di anno in anno dagli esperti e appassionati presepisti del luogo, verrà scoperta solo in tale occasione. L'Osteria della Befana proporrà per la stessa conclusione di giornata e per il pomeriggio del 9 dicembre, un menù fisso "alla maremmana".
Domenica 9 dicembre, nella casa della Befana verrà narrata la storia che la riguarda, di matrice tradizionale italiana, e quella dei tre Re Magi, più propriamente di tessuto simbolico teologico. L'animazione verrà curata dal gruppo "Fifinella". Verso le 17.00 vi sarà l'inaugurazione del Centro Antiviolenza Elisabetta Fiorilli "Tutto è vita", con un flash mob.
Sabato 15 dicembre, dalle 16.00 in poi, zonzellata e tombolata. L'Osteria della Befana riproporrà, per chi vorrà, sia per il sabato 15, che per la domenica 16 dicembre, il menù fisso "alla maremmana".
Domenica 16 dicembre, verrà proposta una attività coinvolgente specifica per i bambini: scrivere lettere o fare dei disegni davanti al "Pozzo dei Desideri" da spedire alla Befana.
Sabato 5 gennaio 2019, zonzellata e a seguire, alle ore 17, l'incontro con i Re Magi e poi lo spettacolo del gruppo "Movimento Orientale", con l'esibizione di balli del ventre. Alle 19.00 arriverà all'Osteria della Befana la stessa Befana, portando ai bambini dolci o carbone, come da tradizione. Il menù dell'Osteria sarà composto stavolta da "cibi orientali".
Domenica 6 gennaio, si concluderanno le iniziative, premiando il disegno e la lettera più bella e significativa dei bambini che avranno aderito, regalando calze con dolciumi e cioccolata calda con biscotti, ai presenti. Ad animare il pomeriggio vi saranno in questo caso i "Giovani della C.R.I.".
Per informazioni e prenotazioni, o per far ricevere i doni ai bambini, si rimanda al numero 3397765589.
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LA DEDICA-AZIONE 

DI UNA CHIESA DI CITTA'


Copyright © Tindara Rasi


Secondo la traditio liturgica e l'architettura sacra, l'altare è il punto focale di ogni chiesa. Non può essere consacrata (o meglio, per usare un termine più corretto ecumenicamente: non può essere dedicata) una chiesa, finchè manca l'altare. L'altare è sacro, e come tale va trattato. Chi lo riveste con gli arredi sacri, non può toccarlo, può solo, aiutato da altri, adagiarvi il telo. Solo la purezza dei sacerdoti santi può toccarlo; per tutti gli altri si parla di profanità. Il vescovo o il sacerdote ad inizio Messa o Divina Liturgia (come la chiamano i bizantini), vi si appoggia con una mano e lo bacia. Un diacono non vi appoggia la mano.
La sua forma rettangolare si è allungata nei secoli, perchè inizialmente si trattava di una pietra di forma cubica, posta al centro del luogo di culto, che simboleggiava Cristo stesso, pietra angolare (Ef 2,20).
E' invalso l'uso anche del legno, a rimando di una più sottile arte del pathos, che lo vuole sul legno della croce, nell'atto di donazione massima a Dio e all'umanità.
Dentro la tavola dell'altare, o la pietra d'altare, spesso vi è stato praticato un foro e sigillate internamente delle reliquie di santi, meglio se martiri; oppure, esse sono state poste sotto l'altare, nell'atto della sua collocazione e cementificazione. I santi, o i martiri, sono un tutt'uno con il Santo per eccellenza, ecco perchè una nicchia a loro può essere concessa, a noi impuri no. Molte chiese hanno assunto il nome dei santi o dei martiri che erano state conservate nell'altare. Viceversa, come adesso nella nostra città, una chiesa con un nome specifico, viene volutamente arricchita di reliquie portate ad hoc per essere apposte nell'altare successivamente alla scelta del nome della parrocchia.
Un altare, all'atto di una dedicazione e consacrazione di una chiesa nuova, viene benedetto con gli oli sacri e incensato; successivamente viene rivestito di bianco. E' un rito battesimale e sponsale al contempo. L'effatà di una chiesa, la veste bianca di un neòfita o di una sposa. Da lì, secondo i dettami della retorica applicata alla predicazione, Logos, ethos e pathos omiletici, devono docere, cioè istruire il fedele, non catechizzandolo, ma illuminandolo tramite le parole della fede; devono delectare (dilettare, farsi ascoltare con piacere); e devono movere (devono motivare all'azione dopo l'ascolto, con un tono esortativo che non sia mai reprimenda). Da lì si effonde a raggiera il sacro, dal Santo dei Santi moderno di zaccariniana memoria, retaggio delle tende dei deserti e dell'Arca delle tavole di Mosè, agli ultimi fedeli entrati nel recinto della Porta Bella, della Porta Grande. La dedicazione di una chiesa prevede momenti come l'aspersione delle pareti, l'unzione appunto dell'altare e di 12 punti della chiesa, la deposizione delle reliquie. Un luogo che da cementizio, da architettonico, diventa "sacro" con tutto ciò che vi è dentro. Nel rito di una dedicazione, è implicito, per il fedele che vi assite, l'ottenimento dell'indulgenza plenaria con la remissione di tutti i peccati. Tutto ciò che c'è, è sacro e mondato, purificato.
All'altare, di fronte al vescovo, vi si accostano in processione gli architetti con i progetti e le fasi di costruzione della chiesa, i rappresentanti dei lavoratori, i comitati. Tutti sono un "contributo" di comunità alla sua realizzazione e al suo "battesimo". Dopo l'incensazione dell'altare, ad essere incensato è il popolo. Verrà edificato un tempio duraturo, fatto di pietre ma anche di persone, corpo unitario di Cristo, Lui che è il tempio per eccellenza al di là di qualsiasi luogo fisico. Chiese con un contributo orizzontale nella loro svettante dimensione verticale terra-cielo. Salomone può costruire un tempio fisico, Nabucodonosor può distruggerlo. Ma il vero tempio resisterà al di fuori di qualsiasi azione umana. Perchè nel presepio sotto l'altare o direttamente sull'altare sacro ci siamo tutti, anche un gatto che vi si acciambella sopra e lascia pelucchi sul lino ricamato a mano, sporcandolo con la sua presenza, contrassegnandolo con la sua evidenza di creatura. Con una sola "azione", si è "dedicato", si è reso santo, si è contaminato d'oro divino. Lo stesso gesto di carità, di offerta e di "azione", lo "possiamo" anche tutti noi, ekklesia viva nella Domus Dei, chiesa mistica di persone nella chiesa architettonica di mattoni.


"Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio,  anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale." (2Pt 4,5)
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domenica 18 novembre 2018

GNOSI DELL'OFFERTA


"Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio.
- Papa Francesco -


Arriva, Barbara, arriva il tuo, e si festeggerà con una bimba morta e l'altra viva, e questo dispiace.
Ma l'aspetto più brutto, è che la torta forse la farà Angy, e tu non la mangerai; e la festa la farà un libro e tu non ci sarai scritta. Nel mio si, nel suo no.
Penso che un'offerta e un voto siano un'offerta e un voto, e che una statua oscena piantata in giardino dalla lascivia personale e lussuriosa di lei sia deponente a sfavore della correttezza sacrale di qualunque gesto.
Così come penso anche che la gnosi non è data a tutti, ma solo ad alcuni, e che chi la riceve a quel punto dovrebbe giocarsela bene, come un dono, assegnando alle opere il giusto valore, concordando con la testa, dal cuore alla testa, dal cuore alle mani-opere, dal cuore alla vita, il tutto che ha avuto in consegna come dono divino.
Una vocazione è una vocazione; un'attività è un'attività... Ognuno deve saper FARE ciò che gli è stato dato come potenziale, come possibilità di operare il bene. Festeggiare se non si sa svolgere il proprio mestiere, è per pochi che non capiscono quanto vale invece festeggiare l'onestà, la capacità di spendersi e di amare, il rispetto, l'affetto, la generosità, la valorizzazione altrui.. Festeggiare la disonestà, l'inappropriatezza lavorativa, l'inadeguatezza sociale, la mancanza di onestà civile e valoriale, è disonesto fino alla fine. La gnosi impone che chi ha un dono lo ri-consegni. La gnosi impone che la luce interiore sia diffusa e che non diventi macchia, dolore, sopraffazione, spilorceria relazionale nei confronti altrui. La gnosi da'. Da' interiormente. Ma da quel "dato", da quel "ricevuto" gratis per Amore, si confà un ri-dare, in un circuito di propaganda luminosa e affettiva che sia senza fine. Non è un dare a manica stretta, non è un dare ad alcuni e distruggere altri. La mente superiore, se davvero è aperta, riconsegna. Non annulla. Non fa del male. Non festeggia la propria supposta superiorità (che invece è nullità) con pochi eletti incapaci di capire, asserviti umiliantemente ai propri bisogni. La mente aperta e piena di luce, si accaparra il dolore altrui e lo fa proprio. E si spende, come una candela, per far felici gli altri. E ci mette il cuore, l'anima, tutto, per rendere la vita degli altri, quella sì, degna di essere celebrata e festeggiata ogni giorno, valorizzata, liberata, migliorata, esponenziata ogni secondo, sempre. Questo è essere professori del proprio mestiere, altrimenti si è niente, solo egoistica fagocitazione di attenzioni per vanagloria personale senza valore oblativo alcuno, senza ri-potenzialità.
Non c'è nulla da festeggiare in una vita spesa al servizio del proprio egoismo e della propria incapacità; ci sarebbe tanto da festeggiare se si fosse stati capaci di ritrattare, di chiedere scusa, di perdonare, di riconsegnare, di valorizzare, di colmare le lacune, di ridare dignità e operatività.
Non c'è nulla da festeggiare con le torte di Angy, senza le sue torte, con i festoni, senza i festoni, con i regali, o senza... perchè vedi, Barbara, nei tuoi giorni da virgo fidelis e nei tuoi memoriali da perfezioni del servizio insinceri fino al midollo, nei tuoi anniversari e nelle tue occasioni speciali, un dono ricevuto si ridà: si trova il modo di sdebitarsi e di ri-darlo. La quaresima tua, dovrebbe essere questa. Il tuo cammino, questo. E poichè tu invece non ridai, una festa che centra tutto su se stessi e nulla sulla consegna di un Dio superiore per servire Lui in esclusiva, una festa così, permettimi, non è festa, è solo, spiacevolmente, un grande, immenso, inutile spreco. La vedova che mette nella cesta delle offerte persino i suoi pochi spiccioli,  ha più valore di te che spendi e spandi per festeggiare, ma non con "tutti"; di te che selezioni chi è degno di peggiorare assieme a te nel tuo negozio e chi no (offri solo questo, tu); di te che vincoli al confino chi non ti corteggia e non ti corrompe l'anima, trattenendo chi lo fa; di te che non sei capace di ridare fosse anche una briciola del tuo dono,  sprecandolo invece, gettandolo, sperperandolo - senza equità e con disinvolta sperequazione - tra i tuoi leccapiedi, e decurtandolo, rubandolo alle tante mani inutilmente tese e davvero bisognose alle quali dovresti invece riconsegnarlo intero.
Tutti ti guardiamo farlo e nessuno, nemmeno io, riusciamo putroppo fare nulla per fermare questo scempio tuo. Un dono munifico, gettato nel lusso - mancante di valore opzionale fondante - dei tuoi festeggiamenti senza "tutti", e dunque fondamentalmente senza l'ospite principale, senza Dio che serve; e che tu servi. O, almeno, condizionale presente: che presumibilmente, fosse anche solo stipendialmente se non spiritualmente, dovresti servire.

Tìndara Rasi

venerdì 16 novembre 2018

Missionari
Padre Tarcisio, con la sua eterna camicia di fuori, chinato verso la terra sabbiosa del Chaco, insegna a una ragazzina guaraní di Ipitacito del Monte ad aprire e chiudere la saracinesca di un rubinetto.
Rivedo il colore rosso arancio della manopola, il nero del tubo in pvc e l’attenzione dell’uno e dell’altra come se il “padrecito” stesse insegnando un difficile passo di danza o lei ascoltasse cose davvero importanti…
Mi trovavo davanti uno dei primi acquedotti che, con qualche chilometro di tubo acquistato in Argentina, avvicinavano l’acqua potabile ai villaggi nel sud-est della Bolivia.
Agosto 1985, all’inizio della storia che stiamo ricordando: primi passi di un progetto vitale, il Proyecto Salud.
Era la prima volta che mi recavo in Bolivia: c’erano anche il Padre Vigilio e Chiara, una giovane fiorentina laureata in chimica: lui adesso è volato lassù oltre il Cerro Grande e le vette delle Ande; lei, divenuta Piccola Sorella, vive tra i campesinos in un villaggio del Perú, oltre i 2.000 metri…
Il sogno nasceva in quei giorni; aveva alle spalle una lunga storia: quella dei guaraní come di tanti altri popoli, quella delle missioni, dei conquistadores, dei volontari…
A Firenze, come Ministro Provinciale dei Frati Minori Toscani, mi ero incontrato qualche volta, ma poi le occasioni si sarebbero infittite, con Mimmo, col Prof. Paradisi, il Dott. Bartoloni, il Dott. Bartalesi e altri giovani medici della Clinica di Malattie Infettive…
Volevano fare qualcosa… Si intuiva qualche progetto (dietro a Tarcisio bisogna molto intuire e… fidarsi), si studiavano possibilità di interventi di ricerca e di collaborazione col Proyecto Salud del Vicariato Apostolico di Cuevo…
Giorno dopo giorno si sono accumulati 25 anni di storia: di crescita, di accesso a un mondo prima quasi ignoto.
Lo abbiamo scoperto, cercato, descritto attentamente dai missionari francescani e, ancor prima dai gesuiti e amato da tutti loro come se fosse la propria casa e quei guaraní i propri familiari…
Ora, in questa storia, si coinvolgevano laici professionisti, istituzioni e volontari, studiosi e artigiani, suore e sacerdoti….
Ho visto tanti volti karay (bianchi) mescolarsi a quelli bruniti dei guaraní.
A qualche tratto del cammino ho assistito di persona… 
Molte volte ho sentito raccontare di passi nuovi, di iniziative, di successi e di delusioni, di coinvolgimenti
di fedeli e di apparizioni momentanee, di impegni e di sacrifici…
Alcune persone sono state come i cardini su cui si è mossa questa storia. 
La lista sarebbe lunga per dire i loro nomi o quelli di quanti vi hanno girato attorno, ma tutti hanno contribuito ad aprire la porta della speranza a quella terra del Chaco: da Kuruyuki a Santa Rosa, da Ivo a Palmarito, da Gutierrez a Villamontes, dal Rio Grande al Pilcomayo al Parapetì …
Una speranza diventata realtà, come quella danza della vita che sembrava iniziare quando una bambina imparava ad aprire un rubinetto: cominciava davvero un canto alla vita! Una speranza che si è aperta e ampliata ma che, mi pare, chieda ancora vicinanza, presenze-lievito che la animino e la aiutino a trovare conferma!
Qualche anno dopo, nella valle di Eity, il Capitan Grande di quella comunità guaraní, parlando del nuovo impianto che portava acqua potabile, fece leggere un brano del Vangelo di Giovanni, quello dove si parla della Samaritana al pozzo di Giacobbe e del suo colloquio con Gesù.
Di suo aggiunse: “Ci è giunta l’acqua, ed è importante per la nostra vita e per quella dei nostri figli … ma abbiamo sete anche dell’acqua di cui parla il Maestro!”
Quella volta era con noi anche il cardinale Silvano Piovanelli: furono parole che ci presero nel profondo, come quell’immagine dell’agosto ’85!
Missione e solidarietà, Vangelo e diritti di ogni uomo e di ogni popolo, giustizia e dono gratuito, salute e salvezza, paesi poveri e risorse …
Binomi di una danza che ha bisogno di qualcuno che si coinvolga appieno, ma anche, in qualche modo, di tutti, responsabilmente …
I tratti di strada fatti insieme, come è avvenuto nel Chaco, sono fili d’oro che reggono e impreziosiscono il ruvido, lacerato tessuto della storia.
Ringrazio Dio di esservi stato in qualche modo dentro.
Penso a tutti gli amici di questi 25 anni, specialmente alle persone-cardine che, umili, forti e costanti nella loro missione, hanno permesso al poco, che ognuno di noi portava, di diventare buona pietra da costruzione.

+ Rodolfo Cetoloni
(Vescovo di Grosseto)


Tratto dall’introduzione al libro:
Mbegue Mbegue
L’Università degli Studi di Firenze in Bolivia
25 anni di attività della Clinica di Malattie Infettive nel territorio Guaraní

giovedì 8 novembre 2018




PREGHIERA DELL'UCCELLINO

Mio Dio,
io non so dire bene
la preghiera da solo.
Ma, se vuoi,
proteggi. dalla pioggia, dal vento
il mio piccolo nido.
Metti tanta rugiada sui fiori
e granelli sul mio cammino.
Fa profondo l'azzurro
e flessibili i rami.
Lascia a lungo nel cielo, la sera,
la dolce tua luce,
e nel mio cuore
questa musica che non finisce mai
perché io possa cantare, cantare, cantare...
Se tu vuoi, o mio Dio.

- C. Bernanos De Gasztold -