lunedì 24 febbraio 2020

"GEOCACHE" PER VALORIZZARE IL PATRIMONIO CULTURALE FRANCESCANO di Tìndara Rasi


"GEOCACHE" PER VALORIZZARE IL PATRIMONIO

 CULTURALE FRANCESCANO

di Tìndara Rasi




San Francesco, santo umbro, ebbe molta influenza in area maremmana. Abitò qui, fondò monasteri, ebbe amici. Ma del suo girovagare in questo territorio non è possibile avere molti dati certi. Oggi esistono numerose modalità, grazie alle quali si possono lasciare tracce del proprio passaggio ad altri. Dal materiale cartaceo, ai siti, alle App, ogni spostamento è tracciato e localizzato. Ultima frontiera proviene dalla caccia al tesoro, metà virtuale, metà ambientale, detta "geocache". Si tratta di un gioco di comunità che propone di geolocalizzare e inserire coordinate e riferimenti di alcuni luoghi di interesse paesaggistico o storico raggiunti da un primo utente, lasciando nel contempo per gli altri "invitati" direttamente sul luogo, appositi contenitori con bugiardino, logbook o casellari per firme a beneficio di chi li ritrova, pezzi di giochi detti trackable, ecc. Chi legge sul sito la nuova location geomappata, e decide di partecipare al gioco, si mette sulle tracce dettate da quelle coordinate per ritrovare il contenitore cache lì nascosto. Quando lo trova, lo apre, inserisce un oggettino suo, firma il logbook cartaceo che ne registra la propria presenza, lo rimette a posto nel suo nascondiglio segreto, va sul sito internet e contrassegna il raggiungimento di quel punto con una foto, un materiale specifico, un commento. Per trovare il luogo, per ricavare le coordinate, spesso sul sito vengono preventivamente caricati dei rebus da risolvere. Travalica il gioco stesso l'aspetto più interessante e nascosto: rincorrendo le nuove postazioni inserite nel sito, a caccia di punti e quindi di "tesori" simbolici, si cammina, ci si muove, si scoprono posti diversi. Il geocache può essere cercato da soli o a gruppi. Sono stati organizzati raduni ed eventi dalla comunità anche per pulire determinate zone inquinate, per ripristinare sentieri abandonati, per la piantumazione di nuove piante in aree danneggiate, come l'evento Cache In Trash Out.
La Toscana, in questo gioco a metà tra virtuale e turistico, è una capostipite. In Maremma, cache si troverebbero presso Monte Labbro nei luoghi di Davide Lazzaretti, vicino alla pieve di Santa Maria ad Làmulas, tra i ruderi dell'eremo di Malavalle, negli scavi della canonica di San Niccolò con la sagoma dalla forma di margherita a Montieri, presso la sede vescovile di Roselle. Servirebbero però anche geocache per valorizzare il patrimonio culturale, artistico e immateriale, di origine francescana. A giugno del 2019 un geocacher ha inserito la basilica di San Francesco ad Assisi tra i luoghi da ricercare. Più vicina a noi, potrebbe essere interessante Saragiolo, per esempio, frazione di Piancastagnaio (SI), dove si trova un leccio alto 15 metri e dalla circonferenza di oltre 7 metri, detto "leccio delle Ripe", figlio di un altro sotto il quale si narra sostò San Francesco. Sotto di esso non attecchisce mai la neve. Si raggiunge a piedi, tra la natura incontaminata, ed ha lo stesso rispetto devozionale riservato ad un altro leccio legato invece alla figura di San Bernardino da Siena, a Montorsaio, oppure all'ulivo o alla quercia da sughero di Buriano, nel cui vano cavo visse invece San Guglielmo, fondatore dell'Ordine dei Guglielmiti. Ma chi inserisce i contenitori ufficiali con trackable, in affiancamento al turismo ufficiale e a quello religioso in particolare, non si fa dare suggerimenti: gioca sull'improvvisazione e la sorpresa, tra risus, ludus, jocus et jocunditas.
Tralasciando le memorie "vegetali", a livello architettonico vanno ricordati i conventi di Massa Marittima e di Montieri, che sembrerebbe siano stati eretti proprio dalle mani di San Francesco. Quello di Massa Marittima, antichissimo (il prossimo anno si celebrerà l'ottocentenario dalla sua fondazione: 1221-2021), ebbe il doppio onore di essere fondato da San Francesco e anche di aver dato ospitalità all'altrettanto famoso San Bernardino da Siena, francescano del ramo degli Osservanti. Lì, ancora prima di Bernardino, vissuto tra il 1380 e il 1444, vi aveva abitato il beato Ambrogio da Massa, frate minore morto nel 1240, amico di due altri beati francescani, il beato Morico e il beato Giacomo da Massa. Il beato Ambrogio divenne prete a Scansano, ma la sua fama travalicante i secoli si deve alle capacità oratorie e alle sue doti da taumaturgo. Lo stesso San Francesco aveva questi doni. Era istruito, sapeva il provenzale e il latino, cantava, faceva il "giullare" per attirare le folle con letizia e giocosità, suonava, ballava: tutto, per attrarre a Dio. Inoltre guariva i lebbrosi, come Gesù e alla sua morte una bimba con il collo storto guarì, gli indemoniati vengono liberati, i paralitici guariti immergendosi nei pozzi o nelle piscine. San Bernardino, invece, a Massa Marittima organizzò i frati francescani Osservanti ed espanse la sua spiritualità e religiosità in tutte le province limitrofe, pubblicizzando il nome di Dio tramite un ingegnoso "logo" grafico, un sole con dentro la scritta IHS, lo stesso che si ritrova scolpito nel pozzo della "Bufala" dentro il chiostro della chiesa di San Francesco, nel centro storico di Grosseto. Conosciuto per i suoi numerosi miracoli, San Bernardino si spostò anche presso il Convento della Nave a Montorsaio (luogo del beato Andrea , un francescano del XV secolo circa, del quale si conosce solamente il nome) e presso il convento del Colombano situato a Seggiano, vicino Poggio Ferro. In quest'ultimo l'8 settembre 1403 officiò la sua prima messa e pronunciò la sua prima omelia. Da quel che si attesta, papa Onorio III consegnò proprio nelle mani di San Francesco il convento, documentando con tale atto la presenza del santo in territorio seggianese. Di questo edificio, oggi non rimane quasi più nulla ma l'area intorno potrebbe essere comunque oggetto di attenzione dai geocachers. Il convento divenne residenza successiva di un altro frate francescano famoso, il beato Filippo da Seggiano, noto predicatore nelle zone di Montalcino, amico intimo dello stesso San Francesco e di Sant'Antonio da Padova. Amicizie sostanziali e degne di nota. A Seggiano visse anche un altro singolare frate, Onofrio da Seggiano, maestro del francescano San Giovanni da Capestrano, profeta, rabdomante, ingegnere di opere idrauliche, amante del saio. San Francesco aveva dato isruzioni chiare nelle sue regole sull'abbigliamento da indossare. I vestiti che gli donavano i ricchi, preferiva darli ai poveri e non tenerli per sé. Il suo era un saio fatto di semplice sacco ruvido di colore marrone-grigio, a forma di "Tau", cioè di "T". Quando si strappava, Santa Chiara glielo rammendava e aggiungeva pezzi del suo stesso mantello dove lo riteneva più liso, come si evince dai due ancora conservati ad Assisi e a La Verna. A volte, invece, lo riparava lui stesso con cortecce di alberi o pianticelle. Generalmente lo teneva legato in vita tramite una corda che gli faceva da cintura, caratterizzata da tre nodi simbolici. Se sentiva freddo, ci aggiungeva un pezzo di pelliccia di volpe e il cappuccio per ripararsi come "sorella allodola", ma non doveva mai essere eccessivamente lungo, usanza più da ricchi e nobili. Se proprio necessario si potevano indossare sandali (lui stesso alla fine della vita usò delle babbucce). Un abbigliamento austero, che Onofrio da Seggiano non disdegnava, e che di certo non prevedeva tasconi per GPS.
Un altro beato locale del 1220, il beato Guido da Selvena, frate francescano vissuto tra il 1220 e il 1287-88 tra Montalcino (SI) e il convento del Colombaio a Seggiano, amico anche lui di San Francesco, aveva come dono quello di saper organizzare delle vere e proprie animazioni omiletiche per le folle. Inoltre amava molto gli animali: fece amicizia con un gatto che gli procacciava uccellini da mangiare e che gli stette vicino fino alla morte. In entrambi gli aspetti assomigliava a San Francesco, universalmente ritenuto amante degli animali: tortore, fagiani, usignoli, aquile, corvi, cicale, agnellini, lupi, pesci, erano amici suoi, gli obbedivano e lo coccolavano. Un falco lo risvegliava con garbo ogni mattina al posto della suoneria dei moderni cellulari. Le rondini si zittivano dietro sua richiesta, come riporta il capitolo XVI dei Fioretti. Le formiche si spostavano dai tronchi dove lui riposava. Le api gli regalavano miele. Quando morì, attorno a lui volteggiavano allodole ad accompagnarne la salma. Nessuno di quegli animali era dotato di un collarino di localizzazione, ma sono ricordati per trasmissione orale o scritta, meglio di tante altre storie.
La città di Grosseto non conserva luoghi direttamente fondati da San Francesco, ma alla fine del Duecento venne allestito un convento francescano e uno clarissiano nel convento di San Fortunato (San Francesco), abbandonato dai benedettini; e nel 1621 fu consacrata l'attuale chiesa di San Francesco a fianco ad essi.
Di epoca più tardiva rispetto ai due conventi sopra citati, vi sono quelli di Gavorrano, Scarlino, Montorsaio. In quello di Scarlino, in particolare, denominato convento di Monte di Muro esiste già una mappatura geocache, con la cache "situata in uno dei primi ruderi", spiega il sito. In quel luogo vissero due noti frati francescani. Si tratta del beato Tommaso Bellacci da Firenze (o da Scarlino), frate minore osservante vissuto dal 1370 al 1447, e del suo amico e seguace eremita Gaspare, morto nel 1477. Quest'ultimo, oltre ad essere ricordato per l'austerità di vita (mangiava solo pane ed erbe aromatiche), era sempre circondato da uccellini selvatici e addolciva i lupi feroci: come non ricordare il famoso episodio del lupo ammansito da San Francesco, riportato nel capitolo XXI dei Fioretti.
Tommaso Bellacci da Firenze è da associare ad alri episodi noti di San Francesco, in particolare al suo incontro con il sultano al-Malik al-Kāmil, avvenuto nel 1219 a Damietta in Egitto, durante una crociata. Il sultano era musulmano e secondo alcune fonti San Francesco fu torturato e poi rilasciato; secondo altri, si incontrarono e si misero a parlare pacificamente, tanto che alla fine il sovrano non voleva che lui se ne andasse. Anche Tommaso Bellacci fu a capo della delegazione che si recò tra Siria ed Egitto prima al fianco e poi al posto di Alberto di Sarteano e come accadde a San Francesco, fu molto apprezzato come missionario dal sultano d'Egitto dell'epoca. Un altro beato, Antonio di Massa Marittima, frate francescano minore divenuto vescovo di Massa Marittima nel 1430 e morto nel 1435, fece viaggi di dialogo missionario in qualità di predicatore apostolico. La sua ostilità contro San Bernardino da Siena, aleggia attorno alla sua figura. Per contro, fu più volte nunzio e paciere a Costantinopoli, in area greca e in area turca, tentando di dirimerne le varie controversie, viste le sue doti da bravo oratore. Non ebbe però sufficiente fortuna come i primi due, e alla fine della vita si limitò a rientrare in sede presso Massa Marittima, occupandosi solo di riorganizzare la rubrica dell'Ufficio Divino, da fine conoscitore dei codici classici.
Se i due centri di maggiore espansione francescana furono dunque Massa Marittima e il Colombano di Seggiano, ai quali si aggiunse presto anche Scarlino, solo a partire dal 1700 rifulsero figure collocabili nell'area sud della Maremma grossetana. Si tratta di tre donne. La prima è Maria Maddalena dell'Incarnazione (1770-1824), che dopo aver visto Gesù riflesso nello specchio si svincolò dalla promessa di fidanzamento e decise di farsi suora. San Francesco stesso si specchiava in Dio, i frati in lui (lo chiamavano "specchio di perfezione"), e lui guardava Dio, la natura e Santa Chiara. Questa monaca terziaria regolare, si chiamava in realtà Caterina Sordini, ed era stata una giovane vivace di Monte Argentario, anche lei legata a vicende di preghiera sotto un leccio di Cala Grande o alla corsa in mezzo ai lupi per raggiungere un ciliegio carico di frutti. Il suo carisma da fondatrice le permise di fondare le "Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento" ed oggi è beata.
Un'altra suora francescana di Castell'Azzara, Teresa Mastacchini, prese i voti con il nome di suor Maria Lilia di Gesù Crocifisso. La sua peculiarità fu quella di poter parlare con gli angeli e saper leggere i pensieri delle persone. Fondò la congregazione delle "Pie Operaie". Ebbe in dono le stimmate sulle mani e sui piedi. In questo, si affianca a San Francesco che il 14 o il 15 settembre 1224, mentre si recava al monte La Verna assieme al suo amico frate Leone, vide scendere dal cielo un angelo serafino (dotato di sei ali) e subito dopo ricevette le stimmate. Successivamente, nel 1216, presso la chiesetta di Santa Maria degli Angeli (la Porziuncola), vide non un solo serafino, ma un intero coro angelico in accompagnamento alla Madonna che gli apparve improvvisamente.
Anche Veronica Nucci di Sorano (1841-1862), una ragazza pastorella della nostra provincia, vide la Madonna il 19 maggio 1853 a Cerreto di Sorano; da quel momento decise di dedicare la sua vita a Dio e divenne francescana con il nome di suor Veronica di Maria Addolorata. Qualche tempo dopo, gli abitanti del posto iniziarono la costruzione di una chiesa sul luogo dell'apparizione, meta tutt'oggi di pellegrinaggi, custodita da suore carmelitane.
San Francesco si è dunque mosso sul suolo grossetano, tra le vie pellegrine, tra i boschi e le rupi. Difficile stabilire con esattezza tutto ciò che fece e tutto ciò che sfiorò. Sicuramente non era dotato dei moderni sistemi di tracciatura, nè ufficiali e scientifici, nè per divertenti games turistico-naturalistici. Ma certamente la sua eredità spirituale aleggia ancora in tutti i luoghi della nostra provincia. Sono più fortunati i moderni viandanti. Esistono dappertutto libri cartacei per le firme dei visitatori, anche dove il cellulare e GoogleMaps non riceve segnale: se non si risolve il games delle coordinate o il GPS non funziona, se non si trovano geocache e logbook da firmare, si possono fissare lì i segni documentali del proprio vagabondaggio, in nobile aiuto per gli storici futuri che volessero avventurarsi a scrivere le nostre peripezie esistenziali moderne, chissà quanto interessanti per le generazioni future.

Tìndara Rasi





FRANCESCANI DI GROSSETO

Beato Ambrogio da Massa, frate minore, Massa Marittima (GR), morto nel 1240, che visse lì con con il Beato Morico e il beato Giacomo da Massa;
Beato Filippo da Seggiano, frate francescano, Seggiano (GR),1203-1290;
Beato Guido da Sevena, frate francescano, Selvena (GR),1220- 1287-88;
Onofrio da Seggiano, indossò il saio francescano per tutta la vita, Seggiano (GR), 1200circa;
Beato Tommaso Bellacci da Firenze, frate minore osservante, Scarlino (GR), 1370-1447;
San Bernardino da Siena, Ordine dei frati minori francescani, Massa Marittima (GR), 1380-1444;
Beato Antonio di Massa Marittima, frate minore, Massa Marittima (GR), morto nel 1435;
Frate Gaspare da Firenze, eremita e frate minore francescano, Scarlino (GR), morto nel 1477;
Beato Andrea di Montorsaio, francescano, Montorsaio (GR), XV secolo circa;
Beata Maria Maddalena dell'Incarnazione (Caterina Sordini), terziaria francescana, Monte Argentario (GR), 1770-1824;
Veronica Nucci, clarissa francescana, Cerreto di Sorano (GR), 1841-1862;
Suor Maria Lilia (Teresa) Mastacchini, terziaria francescana, Castell'Azzara (GR), 1892-1926.

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